31/12/2022 di Luca Marcolivio

Sempre più progetti e iniziative. Ecco il bilancio “gender” delle scuole in questo 2022

Dopo la battuta d’arresto della pandemia, è tornato a crescere in modo preoccupante il numero di progetti gender nell’ambito delle scuole italiane di ogni ordine e grado. Al termine del 2022, in base al dossier redatto da Pro Vita & Famiglia – e costantemente aggiornato ogni mese da ormai diversi anni - si segnalano decine di progetti sparsi per tutta Italia, con una spiccata concentrazione nelle regioni settentrionali. Si tratta ovviamente, soltanto della punta di un iceberg, essendo i casi in oggetto stimati nell’ordine di alcune centinaia.

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La città più coinvolta in questo tipo di percorsi è Milano con sei progetti, seguita da Torino e Treviso, con due progetti ciascuno. I restanti comuni segnalati, tutti con almeno un progetto all’attivo sono: Bari, Bergamo, Borgo a Buggiano (Pistoia), Brescia, Bressanone (BZ), Casaloldo e Ceresara (MN), Castelfranco Veneto (TV), Cesena, Empoli, Manfredonia (FG), Marano sul Panaro (MO), Monfalcone (GO), Pavia, Pisa, Quartu Sant’Elena (CA), Ravenna, Rimini, Sassari, Trento, Vibo Valentia.

Per elencare tutti i casi giunti alla conoscenza dei circoli territoriali di Pro Vita & Famiglia sarebbe necessario un libro. In questa sede, andremo a menzionare i più clamorosi, fermo restando che nessuno di questi episodi, nemmeno il più blando, merita di essere sottovalutato. Il rischio più grande è che, anche tra i genitori più consapevoli del rischio indottrinamento, possano subentrare l’assuefazione o la rassegnazione.

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Uno dei tratti ricorrenti della propaganda gender nei confronti dei più piccoli è la scarsa trasparenza. Così è stato, ad esempio, lo scorso gennaio, per un progetto dell’Arcigay presso il liceo Tito Livio di Milano, dove i contenuti delle “lezioni” erano stati secretati tramite specifiche password, messe a disposizione soltanto del personale scolastico e precluse ai genitori degli allievi. In quell’occasione, l’Arcigay aveva cavalcato l’onda della Giornata della Memoria (27 gennaio), coniando il bizzarro neologismo “omocausto”, con cui, in modo spregiudicato e alquanto discutibile, venivano messe sullo stesso piano le vittime dell’olocausto nazista e quelle dell’omofobia.

Un’iniziativa ricorrente è quella delle toilette gender neutral, allestite presso i licei torinesi “Alfieri” e “Gioberti” (con tanto di logo stilizzato di un uomo con indosso sia i pantaloni che la gonna), all’università di Cesena e in una scuola di Treviso.

C’è poi la pratica del gender swap, con la quale agli studenti viene chiesto di indossare abiti femminili mentre, viceversa, le studentesse sono esortate a indossare abiti maschili. Con la scusa del rispetto reciproco tra i sessi (quindi, almeno in apparenza, in nome della valorizzazione delle differenze), vengono calpestate le differenze stesse e i ragazzi – in modo più o meno esplicito – vengono indirizzati verso comportamenti e prassi gender fluid. È accaduto a Monfalcone (Gorizia). In Provincia di Pistoia, invece, in una scuola media, il preside ha imposto a tutti gli alunni un grembiule giallo, con riferimento a un non specificato «sviluppo dell’identità di genere».

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Il dossier di Pro Vita & Famiglia segnala l’adozione della carriera alias in sei scuole, sempre e comunque in sfregio al consenso informato dei genitori. Particolarmente zelante, in questo senso, si è rivelato il liceo Brotzu di Cagliari, dove parallelamente alla carriera alias, la preside aveva in animo di attivare le toilette gender neutral.

Altri “cavalli di Troia” ricorrenti sono la lotta al bullismo e alla violenza sulle donne: è accaduto, tra gli altri istituti, alla scuola media Maffucci di Milano, sul cui sito è stata pubblicizzata un’iniziativa a contrasto del bullismo e del cyberbullismo, senza però alcun riferimento alla collaborazione (che pure è dimostrata) dell’Arcigay al medesimo progetto, né ai tipici contenuti a sfondo LGBT+, che, in questo caso ci si aspetterebbe. Ancora una volta, un’opacità davvero sospetta.

Nella sua opera di “cane da guardia” a protezione dei più piccoli, Pro Vita & Famiglia ha riscontrato persino un progetto didattico di puro indottrinamento rivolto a bambini dell’asilo nido a Bressanone.

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A maggio, in Provincia di Modena è stato segnalato un corso rivolto a bambini di quinta elementare, avente ad oggetto contraccezione, orgasmo, masturbazione, omosessualità e bisessualità. Anche questo istituto scolastico si è distinto per la sua assoluta mancanza di trasparenza, andando a “edulcorare” il progetto sul proprio sito web, eliminandone tutti gli aspetti più controversi. Un progetto analogo, rivolto anch’esso a bambini di 10-11 anni, è stato messo in piedi in una scuola del Mantovano, con l’aggiunta, tra le altre tematiche, dell’aborto.

In alcuni casi, non sono le associazioni LGBT+ ad andare nelle scuole ma sono queste ultime ad essere invitate. Così è avvenuto a fine maggio con lo spettacolo Io che amo solo te, rappresentato alla sede dell’Arcigay di Trento e avente ad oggetto la storia di due sedicenni, Niccolò e Valentino, che scoprono di amarsi.

La netta maggioranza dei casi in esame avvengono in comuni con maggioranze di centrosinistra e spessissimo riguardano progetti finanziati dall’amministrazione comunale. Il fenomeno, tuttavia, è più trasversale di quanto si immagini e coinvolge anche amministrazioni di centrodestra come quella di Treviso, che ha avallato dei bagni gender neutral in una scuola e ha appoggiato l’appello della Rete-Lenford-Avvocatura per i diritti LGBTI+ ai presidi della città, affinché adottassero la carriera alias nei loro istituti.

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Altro Comune di centrodestra ammaliato dalle sirene arcobaleno è stato, lo scorso autunno, quello di Pavia: ad essere precisi, comunque, dell’affidamento all’Arcigay di un progetto didattico per le scuole primarie e secondarie di I e II grado è stato responsabile soltanto l’assessore alle Pari Opportunità, messo in minoranza dalla sua stessa coalizione e poi costretto alle dimissioni.

Una delle iniziative più gravi, tra quelle lanciate nel corso del 2022, è stata quella della Fondazione Umberto Veronesi sull’indifferentismo sessuale, che ha coinvolto più di una scuola di Milano. Sconcerta particolarmente, in questo caso, che a propagandare l’ideologia gender non sia un qualunque circolo LGBT+ legato a logiche lobbistiche, bensì un istituto di ricerca scientifica di alto livello che, almeno in teoria, dovrebbe essere al servizio del bene comune.

Completano questo fosco quadro mascherato da tinte arcobaleno due iniziative dedicate alla formazione degli insegnanti a Brescia e a Pisa. Obiettivo apparente: combattere le discriminazioni. Obiettivo reale: indottrinare i bambini fin dall’età prescolare, incanalandoli lungo gli insidiosi e subdoli sentieri della sessualizzazione precoce, ovviamente sempre nel segno del “fluido”.

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