30/06/2022 di Luca Marcolivio

Monsignor Suetta: «Gender inconciliabile con principi cattolici»

I Gay Pride, l’omofobia, l’ideologia gender a scuola, la sessualizzazione precoce dei più piccoli. Monsignor Antonio Suetta, vescovo di Ventimiglia-Sanremo, è tornato a parlare con Pro Vita & Famiglia di temi etici, ribadendo ancora una volta l’impossibilità di un compromesso tra la visione della Chiesa e quella dei fautori della rivoluzione antropologica.

Eccellenza, si è appena concluso il Pride Month di giugno, con manifestazioni LGBT+ in numerose città del mondo, Italia compresa. Molti dei cortei del Pride si caratterizzano per gesti e immagini offensive verso la religione cattolica. Qual è la sua posizione in merito?

«In genere, queste iniziative hanno come obiettivo quello di sovvertire un approccio antropologico “tradizionale” ma soprattutto giusto e corretto da tutti i punti di vista. Per potersi diffondere e affermare, l’ideologia gender ha bisogno di eliminare i principi e i baluardi di una seria visione dell’uomo, della sua sessualità e, soprattutto, della complementarità sessuale. I pilastri che vengono maggiormente attaccati da queste teorie che oggi imperversano sono essenzialmente due: la famiglia e la fede cattolica. Sono infatti le due istituzioni che oggi sono più in grado di contrastare e di arginare un fenomeno del genere».

Ci sono pastori come il vescovo di Aversa, monsignor Angelo Spinillo, che hanno accettato un confronto con gli organizzatori del Pride. Lei condivide questo approccio?

«In linea di principio credo si possa dialogare con chiunque, anche con chi ha idee diametralmente opposte. Il problema sta nel capire quanto può essere utile il dialogo. A mio parere, è sterile mettere a confronto idee contrapposte che tali vogliono rimanere. Il vero dialogo è quello tra persone aperte e disposte ad acquisire posizioni nuove, che quindi, in questo modo, cercano la verità. Rispetto al caso in oggetto, mi sembra che, da parte di chi la sostiene l’ideologia gender, le posizioni siano molto chiare e determinate. Al tempo stesso si tratta di idee sostanzialmente inconciliabili con la fede cattolica. Non comprendo quindi quale sia l’utilità di aprire un confronto con questo tipo di impostazione culturale. Si parte da posizioni e convincimenti così lontani che mi fanno ritenere inutile questo sforzo. In linea teorica, si potrebbe trovare qualche punto in comune tra le due posizioni, ad esempio, sul rispetto della dignità e dei diritti della persona, ma sul piano concreto, ciò non mi pare possibile: si parte da concetti base di persona, di dignità, di vita e di sessualità che sono lontani al punto da rendere pressoché impossibile finanche una comunicazione verbale. Quando si dialoga e si comunica, occorre acquisire una base comune – che in questo caso manca – della definizione dei concetti che vengono usati».

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In varie chiese d’Italia si sono tenute iniziative come le veglie contro l’omofobia o le benedizioni di coppie omosessuali, suscitando la perplessità di molti fedeli. Non ritiene che, in questo modo, si confondano un po’ troppo le idee?

«Sicuramente sono iniziative che confondono le idee. Si va ad ingigantire un problema che, in definitiva, non c’è. Premesso che non vedo alcun rischio di omofobia, la domanda che pongo è: che cos’è davvero l’omofobia? Io la intenderei come una forma di reale persecuzione o accanimento nei confronti di persone omosessuali. Su un punto saremo tutti d’accordo: non è giusto esercitare alcuna forma di discriminazione o di violenza, nei confronti di queste persone. Diversa è la concezione di omofobia che si vuol far passare oggi: l’idea che va per la maggiore è quella di impedire di parlare a chiunque la pensi diversamente dalla tendenza dominante su queste tematiche, tacciandolo, appunto di omofobia. Avallare un approccio di questo tipo mi sembra davvero foriero di grande confusione».

Nelle scuole si sta sempre più diffondendo, con metodi sempre discutibili e illeciti, l’ideologia gender, ultimamente anche attraverso stratagemmi come la carriera alias. Ritiene che queste disposizioni finiranno per confondere ulteriormente le idee ai più giovani?

«Vedo purtroppo una prevalenza abusiva e pericolosa di queste teorie nel mondo della scuola e, in generale, in qualunque ambiente. Si tratta di concessioni che vengono pretese da taluni e poi elargite con il contagocce, in una maniera che potrà sembrare quasi innocua ma che, a poco a poco, plasma una mentalità; oltretutto, anche tra le persone che non condividono questa visione della vita, si aprono dei varchi di tolleranza e di accettazione passiva, che fanno diventare moda e costume queste tendenze, che, dapprima rifiutate, diventano poi tollerate, accettate e poi addirittura promosse. Questa strategia usa strumenti come quello che lei ha citato, offrendo piccoli assaggi di qualcosa di più complesso che, se somministrato nella sua interezza, difficilmente potrebbe essere accettato e condiviso. In questo ambito, l’equivoco più grosso è quello di trasferire tutto sul piano dei diritti individuali, senza dare più un adeguato rilievo a una posizione che possa dirsi vera dal punto di vista antropologico, filosofico e religioso. Oggi, si manifesta una tendenza sbagliata a rivendicare una libertà a tutti i costi, non considerando la verità come criterio autentico dell’esercizio della libertà».

Altra nota dolente: la sessualizzazione forzata e criminale dei corpi dei più piccoli, in particolare attraverso il web, che li rende più vulnerabili all’aggressione dei pedofili e della pedopornografia. Cosa fare per contrastare questa deriva?

«Ritengo che questo fenomeno sia una delle peggiori forme di violenza nei confronti dei minori. Alla base, c’è una strategia subdola, per cui il minore viene sottratto ad un’attività educativa che, in primis, dovrebbe competere alla famiglia, quindi a tutte le agenzie educative presenti nella società e collegate da un’alleanza fondata su valori condivisi, come, ad esempio, il senso del pudore, nell’ottica di un percorso educativo compiuto in un orizzonte di libertà, che punta allo sviluppo completo della persona. Se si va a manipolare questo percorso, indicando l’idea di una sessualità svincolata dall’etica e ridotta a puro diritto individuale – tenuto conto che, dal punto di vista educativo, il minore non è ancora giunto alla completa maturazione – si porta avanti una strategia iniqua e si compie una violenza».

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