Chi ancora ritenesse i Gay Pride manifestazioni pittoresche ma, tutto sommato, pacifiche e a difesa della libertà di espressione, è stato smentito per l’ennesima volta. Per l’ennesimo anno. Gli eventi che si sono svolti in diverse città d’Italia nel corso di questo giugno - ormai da anni “elevato” a cosiddetto mese dell’orgoglio - hanno confermato i reali contenuti dei Pride: irrisioni gratuite, gesti offensivi verso il comune senso del pudore, blasfemia, violenze verbali verso politica e mondo pro life. Ma anche e soprattutto alcune aggravanti: migliaia di soldi pubblici stanziati e, in alcuni casi, dei patrocini politici da chi non ti aspetti…
I Manifesti ideologici
La pericolosità dei Pride è in primo luogo nelle esplicite richieste per un cambiamento antropologico, politico e legislativo. Questo aspetto è rintracciabile nei vari manifesti presentati in occasione di tutti i cortei che hanno sfilato nel nostro Paese, a partire dall’identità di genere, passando per la transizione di genere per i minori, per i bagni “neutral gender” e per le competizioni sportive aperte alle persone transessuali, fino ad arrivare a una delle aberrazioni più grandi: l’utero in affitto. Ma non solo, anche istanze come il matrimonio egualitario, l’adozione per coppie dello stesso sesso, perfino la poligamia, il poliamore e la cosiddetta “anarchia relazionale”.
Migliaia di euro dei contribuenti
La macchina organizzativa dei Pride è alimentata tanto dal denaro delle lobby quanto dal finanziamento pubblico che, in primis, arriva dalle amministrazioni comunali di sinistra. Prima tra tutti, il Comune di Roma: per il Pride della Capitale, infatti, la giunta Gualtieri ha stanziato almeno 80.000 euro, violando così il principio per cui le pubbliche istituzioni dovrebbero finanziare soltanto le iniziative di «pubblico interesse» e non quelle politiche. Roberto Gualtieri, oltretutto, è uno dei sindaci italiani più apertamente favorevoli alle lobby Lgbt+, sia sul piano simbolico (è stato in prima fila con tanto di fascia tricolore durante il Pride romano dello scorso 14 giugno), sia sul piano politico amministrativo (si pensi alla trascrizione anagrafica di bambini come “figli di due mamme”, ai progetti gender nelle scuole finanziati con ben 420.000 euro e all’ormai, ahinoi, famoso Ufficio per i diritti Lgbt+ del Comune).
Anche in Calabria, a Catanzaro - giusto per citare un altro dei moltissimi esempi che si potrebbero fare - il Comune ha concesso il patrocinio al Pride locale ma ha anche finanziato il progetto Road to Pride 2026, promosso da Arciequa Catanzaro Aps, con 2.000 euro precedentemente destinati alle manifestazioni scolastiche, per foraggiare esplicitamente un’iniziativa di questi giorni in vista del Pride dell’anno prossimo.
Spostandoci in Toscana, invece, in preparazione al Pride di Prato, che si è svolto il 21 giugno, in un evento collaterale a Pontedera, in provincia di Pisa, del 14 giugno, sono stati coinvolti «bambinə» dai 6 anni in su, sdoganando l’idea che i minori possano essere «senza genere» o «non binari». Più in generale, inoltre, il Manifesto politico del Toscana Pride ha promosso l’utero in affitto, la poligamia, l’«anarchia relazionale», la carriera alias e i «centri specializzati per percorsi di affermazione di genere» per gli «adolescenti ancora minorenni», in barba ai tanti dubbi e problemi emersi all’Ospedale Careggi di Firenze proprio sull’uso e sulla somministrazione del farmaco bloccante della pubertà Triptorelina.
Centrodestra e ordini professionali: i patrocini della discordia
Altro punto di forza dei Pride è l’appoggio, forse inaspettato ma sicuramente incoerente e vergognoso, di alcuni ordini professionali. In particolare, il Torino Pride che si è celebrato lo scorso 7 giugno, ha ottenuto il patrocinio dell’ordine provinciale dei Medici e dell’ordine regionale piemontese degli Psicologi. A riguardo, entrambe le categorie professionali affermano di battersi per la non discriminazione e per la tutela dell’identità psicofisica dei minori, salvo poi avallare una manifestazione - appunto il Pride - che spinge per mettere in atto protocolli di cura particolarmente invasivi sul corpo degli adolescenti e sul loro equilibrio ormonale.
Il sostegno ai Pride, come accennato, arriva in prevalenza dalle amministrazioni comunali di centrosinistra, ma quest’anno hanno fatto capolino alcune giunte di centrodestra, in netto contrasto alle politiche nazionali dei propri partiti e dunque tradendo palesemente i propri elettori. Stiamo parlando di Alessandro Tomasi (di Fratelli d’Italia), che, in qualità di sindaco di Pistoia, ha concesso il patrocinio (sia pure gratuito) al Pride, mettendo fortemente a rischio il sostegno del proprio elettorato in vista di una sua possibile candidatura a presidente della Regione Toscana alle elezioni del prossimo autunno. A seguire il - cattivo - esempio del suo collega anche il sindaco di Piombino, sempre in Toscana e sempre di Fratelli d’Italia, Francesco Ferrari, che per il secondo anno di fila ha patrocinato il Rainbow Pride Fest 2025 - che si terrà dal 3 al 6 luglio - a Riotorto e che prevede tra l’altro anche una “area Kids” per i bambini.
Così non si ferma la deriva
L’istituzionalizzazione dei Pride, in definitiva, è uno degli strumenti più pericolosi e subdoli a beneficio dell’ideologia Lgbt+. Sarà quindi molto difficile che la deriva gender possa arrestarsi finché potrà godere di un così continuativo flusso di cassa di denaro pubblico e di una propaganda martellante che piove dall’alto, cioè da quella politica che, invece, dovrebbe rappresentare le vere istanze della società civile, a partire dalla famiglia naturale e dalla difesa dei bambini. Sono proprio le famiglie a non digerire più questa visione faziosa e artificiosa dell’essere umano. Tra la gente comune, non viziata da fumisterie ideologiche, si percepisce ormai un’esasperazione latente e una pazienza ormai agli sgoccioli. Verrà il momento in cui, tirata troppo, la corda si spezzerà e la maggioranza silenziosa dei “non ideologici” inizierà a fare molto più rumore di prima: resta soltanto il dubbio se la politica rimarrà sorda e ottusa o, al contrario, finalmente, anche nei “piani alti”, inizierà una doverosa e salutare inversione di rotta.