20/06/2025 di Fabio Piemonte

Gay Pride. Ecco perché il patrocinio di Medici e Psicologi tradisce la scienza

Il Torino Pride - la consueta sfilata arcobaleno all’insegna della fluidità dei generi che si è svolta lo scorso sabato 7 giugno - ha ottenuto il patrocinio dell’Ordine provinciale dei Medici e di quello, regionale, degli Psicologi. Tra l’altro per i medici è la prima volta che ciò accade. Eppure, prima di dare il loro patrocinio, medici e psicologi avrebbero fatto bene a dare almeno una rapida occhiata all’aberrante manifesto ideologico dell’evento, pieno di indicazioni in netto contrasto con la scienza e la deontologia professionale di queste categorie.

Le “motivazioni” di medici e psicologi

«Chi ha scelto la Cura non può non contrastare nella sua attività quotidiana ogni forma di omofobia e discriminazione». Motivano così la decisione del patrocinio alla manifestazione medici, psicologi e operatori delle professioni sanitarie - in un comunicato congiunto - come se il contrasto doveroso e condivisibile a ogni forma di discriminazione debba necessariamente passare per protocolli di ‘cura’ che, assecondando i desideri di adolescenti che presumano di essere nati nel corpo sbagliato, finiscono di fatto soltanto per medicalizzarli a vita con conseguenze drammatiche e irreversibili sulla loro salute psicofisica. «Come sancisce l’articolo 3 del nostro Codice deontologico riteniamo che le persone debbano essere rispettate e tutelate nella loro integrità psicofisica indipendentemente dal loro orientamento sessuale», sottolinea ancora nello stesso il presidente dell’Ordine di Torino Guido Giustetto. Eppure tali medici che hanno deciso di sponsorizzare il Pride con motivazioni risibili dovrebbero perlomeno spiegare come sia possibile «custodire l’integrità psicofisica di minori» - principio base della loro deontologia professionale - consentendo a dei giovani con presunta disforia di intraprendere percorsi di transizione che ne violano pesantemente l’identità biologica e sessuale, a partire dall’impedimento del naturale sviluppo puberale, come testimoniano tra l’altro i numerosi racconti dei detransitioners

I contenuti ideologici del Manifesto del Pride

Il Manifesto politico pubblicato dai promotori del Torino Pride è una sintesi delle peggiori istanze anti-scientifiche e pericolose per la salute di adulti e minori che si possano leggere. Molti dei punti del documento sono infatti in grave ed esplicita contraddizione con la missione e le competenze sanitarie ed etiche di medici, psicologi e personale sanitario. Tale Manifesto prende le mosse dal concetto ideologico d’identità di genere, in base al quale una persona può definirsi uomo, donna o appartenente a uno degli altri infiniti “generi” inventati negli anni dalla comunità arcobaleno (tansgender, agender, bigender, pangender, etc) prescindendo completamente dalla realtà biologica sessuata maschile o femminile e da tutte le sue numerose, fondamentali e scientificamente innegabili implicazioni pratiche (come la procreazione). E questo chiaramente in totale contrasto con la medicina, che riconosce al contrario l’esistenza di due sessi biologici definiti da caratteristiche genetiche e fisiologiche. Nel Manifesto, inoltre, vengono promossi l’approccio affermativo e la transizione di genere per i minori, laddove di recente sempre più studi autorevoli e internazionali ne hanno messo fortemente in discussione sul piano scientifico i presunti benefici che non sembrano proprio esservi. E in effetti già diverse cliniche dei Paesi anglosassoni - vedi la Tavistock di Londra, tanto per citarne una - e non solo hanno fatto marcia indietro, abbracciando un approccio critico al tema, dati i danni irreversibili di bloccanti la pubertà e terapie ormonali sulla salute fisica e psicologica perpetrati sulla pelle dei più giovani. 

Nel manifesto del Pride si parla poi di legalizzare l’utero in affitto, la forma di schiavitù più barbara del terzo millennio, che sfrutta i corpi delle donne e devasta psicologicamente i bambini strappati dal grembo materno appena nati; della promozione di bagni e spogliatoi neutri e dell’apertura degli sport a persone transgender e cosiddette “non-binarie”, nonostante sempre più Federazioni in tutto il mondo stiano facendo marcia indietro proprio per contrastare le discriminazioni verso le donne e i danni, soprattutto fisici, a cui possono incorrere nel gareggiare iniquamente con persone che sono biologicamente uomini.

Una follia gender senza limiti

Di qui i paladini dell’ideologia transfemminista, mentre si appellano ai ‘diritti delle persone intersex’ invocano una legge «contro la LGBTQIA+fobia, la grassofobia, la polifobia, la misoginia, l’antiziganismo e l’abilismo». E ancora chiedono, tra le numerose istanze, di «ribaltare i vocabolari; la tutela di figliə di coppie omogenitoriali; Carriere Alias efficienti; riconoscimento del sexworker e sport e palestre per tuttə». Insomma, ancora una volta dietro il mantra della ‘non discriminazione’ e di presunti diritti negati vengono avanzate soltanto pretese per tutti, anzi «per tuttə, per non lasciare indietro nessunə» - come evidenziano in un linguaggio sedicente inclusivo ma di faticosa lettura - si avallano i capricci degli adulti sulla pelle dei più fragili e indifesi, adolescenti e bambini in primis, sui quali ricadono in special modo le drammatiche conseguenze dell’indottrinamento gender nelle scuole, dell’approccio affermativo e dell’utero in affitto, col vergognoso beneplacito di medici e psicologi compiacenti.

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