L’anno scolastico 2024-2025 si è appena concluso ma non svaniscono affatto gli echi delle ennesime iniziative formative a sfondo gender diffuse all’insaputa degli alunni e delle famiglie. L’ultimo caso arriva da Rovereto, in provincia di Trento, dove al Liceo Artistico “Depero” la madre di un’allieva ha denunciato un episodio di palese indottrinamento, di cui è venuta a conoscenza a cose fatte. Un episodio che risale allo scorso marzo, ma di cui siamo in grado di darvi notizie certe e verificate soltanto adesso, dopo aver chiesto i dettagli del caso, cercato di chiedere spiegazioni e aver contattato la madre che ha denunciato il tutto.
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Il caso gender al Liceo di Rovereto
«Un giorno dello scorso marzo mia figlia, tornando da scuola, mi ha spiegato quello che era successo», spiega a Pro Vita & Famiglia Cristina Gios. «Senza avvisare né ragazzi, né famiglie, i professori hanno fatto ospitare a scuola la testimonianza di un’associazione che promuove azioni a favore di omosessuali, lesbiche e transgender. Ci sono state le testimonianze della madre di un ragazzo omosessuale e la madre di un trans. A loro si è aggiunta una terza persona, probabilmente un membro dell’associazione. Questo intervento è stato il primo di un ciclo di incontri che hanno trattato il tema della diversità, con il contributo di associazioni del territorio della nostra provincia per parlare di tematiche come disagio psichico, patologie invalidanti, minoranze etniche, migranti, eccetera. Si tratta di un progetto promosso dall’Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Trento, che poi è stato inserito dai docenti nel programma di educazione civica alla cittadinanza, totalmente all’insaputa delle famiglie».
Le famiglie all’oscuro
Secondo le ricostruzioni di Pro Vita & Famiglia in merito alla vicenda, la decisione di ospitare presso il Liceo “Depero” un’associazione Lgtb, con relative testimonianze, sarebbe stata presa lo scorso novembre, in sede di consiglio d’istituto, oltretutto a voce, senza alcuna verbalizzazione. Quando Pro Vita & Famiglia ha contattato l’istituto scolastico per ricevere riscontri sulle modalità organizzative e comunicative sul progetto, ha ricevuto informazioni piuttosto frammentarie.
Dopo averne avuto notizia dalla figlia, la signora Gios ha subito contattato i rappresentanti dei genitori per spiegazioni, tuttavia, «anche loro dicevano di non saperne nulla. Allora ho sollecitato a chiedere in sede di consiglio di classe come mai non fossimo stati avvisati in tempo, di modo da decidere se far partecipare o meno i nostri figli. Poi, nello stesso consiglio di classe, gli insegnanti referenti del progetto hanno ammesso di non averci avvisato ma non hanno spiegato il perché, per cui non si sa di preciso cosa sia successo…».
«Io e mio marito» - prosegue la signora Gios - avremmo gradito saperlo in tempo. In tal caso avremmo evitato di far partecipare nostra figlia. Non essere stati avvisati ci è sembrato qualcosa di molto grave, viste le tematiche affrontate. L’abbiamo trovata una mancanza di rispetto per la nostra libertà di scelta: un genitore dovrebbe avere l’opportunità di manifestare il proprio dissenso, invece la scuola di nostra figlia non ci ha dato nemmeno l’opportunità di scegliere per tempo un’attività alternativa per lei».
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Progetto gender oggetto di valutazione
C’è tuttavia un ulteriore grave risvolto in tutta questa vicenda: «Nel momento in cui è iniziato il percorso - racconta sempre la signora Gios - gli insegnanti hanno avvisato gli alunni che sarebbe stato importante partecipare a tutti questi incontri, perché sarebbero stati oggetto di valutazione. Questo concetto è stato ripetuto anche in sede di consiglio di classe. Di fatto, comunque, una valutazione diretta sulla tematica gender non c’è stata. So che l’insegnante di italiano ha proposto una traccia per la prova scritta di italiano ma trattando un altro tema».
La figlia della signora Gios non ha partecipato agli incontri successivi, in segno di dissenso da parte dei suoi genitori. «Come potranno valutare la sua assenza ancora non lo so - commenta la madre dell’alunna - e non ci è stato comunicato niente di preciso in merito. Educazione civica e alla cittadinanza è una materia trasversale, quindi non so come potrà essere la valutazione in quella materia, comunque sicuramente questi interventi non sono stati dei semplici incontri esterni, essendo stati inseriti nella programmazione annuale di una materia: immagino che in qualche modo li valuteranno», conclude la signor Gios.
Subito una legge sul consenso informato
Un caso, quello di Rovereto, grave e che conferma quanto sia urgente e necessaria una legge per tutelare e promuovere il consenso informato da parte dei genitori, proprio come Pro Vita & Famiglia chiede già da molti mesi con la Campagna nazionale “Mio Figlio No! - Scuole libere dal gender” e con una petizione popolare, sottoscritta già da quasi 40.000 cittadini - per chiedere a Governo e Parlamento (e in particolare al ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara) di promuovere con urgenza una norma sulla libertà educativa delle famiglie italiane
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