28/02/2024 di Giuliano Guzzo

Il presidente della Società psicoanalitica italiana contro il gender. Ecco cosa ha detto

Se è vero che in Italia, nonostante il recente caso dell’ospedale Careggi di Firenze, esiste e resiste una sorta di cappa politicamente corretta sul tema dei bloccanti della pubertà – quasi che criticarne l’uso per i minori con disforia di genere fosse lesa maestà -, è altrettanto vero che c’è chi quella cappa prova a romperla con argomenti ed autorevolezza. Ne è un virtuoso esempio Sarantis Thanopulos, dal 2020 presidente della Spi, acronimo che sta per Società psicoanalitica italiana, la principale associazione che riunisce gli psicanalisti italiani.

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Sì, perché Thanopulos – figura di spicco del panorama culturale italiano – ha recentemente rilasciato una lunga intervista alla giornalista Irene Cosul Cuffaro del quotidiano La Verità nel corso della quale, a proposito di bloccanti della pubertà per i cosiddetti baby trans, esprime tutte quelle perplessità che secondo molti è scomodo sollevare. Per esempio, il presidente della Spi a proposito della triptorelina – farmaco prescritto off label, cioè per finalità diverse da quelle per cui è stata creato, ai minori con disforia di genere appunto – ha evidenziato come il suo uso «comporta criticità importanti», che dovrebbero essere oggetto di riflessione dato che «solo il 20% dei ragazzi disforici si conferma tale a pubertà ultimata, se lasciati liberi da interferenze».

Sempre Thanopulos ha spiegato come mai di tali «criticità importanti» si fatichi a parlare, e cioè perché esiste una «industria della trasformazione» che «si è creata un mercato enorme di cui il blocco della pubertà e le transizioni» in realtà «rappresentano una piccola fetta. Delle reali condizioni di vita delle persone disforiche o delle persone transessuali, dei loro bisogni psichici, dei loro desideri, delle loro relazioni affettive […] non interessa nulla». Nonostante ciò, all’«industria della trasformazione», ha evidenziato sempre il presidente della Sdi, «serve l’appoggio ideologico degli attivisti che, spezzando il legame tra l’autodeterminazione dell’essere umano e la sua eterodeterminazione (l’altro è costitutivo della nostra identità) propagano l’idea che ciascuno può essere quello che vuole). Le case farmaceutiche fanno il bello e il cattivo tempo. La verità scientifica è a rischio».

Thanopulos si è scagliato anche contro la teoria affermativa («va di pari passo con la dissoluzione del legame con l’altro») e non ha mancato di evidenziare come sotto la diagnosi di disforia di nascondano altri disturbi del comportamento: «È un fatto assodato. La disforia può “dare voce” a condizione di natura diversa: angoscia psicotica, depressione, autismo, anoressia». Ora, che esistesse una «industria della trasformazione» ai lettori di Pro Vita & Famiglia non suonerà di certo nuovo, essendo un tema già trattato. Allo stesso tempo, non è la prima volta che Thanopulos esprime le suddette posizioni, avendole già manifestata in un lungo intervento scritto di suo pugno al Quotidiano Sanità.

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Le posizioni del presidente della principale associazione che riunisce gli psicanalisti italiani sono dunque di fondamentale importanza, sia perché offre uno sguardo completo su tutte le ricadute ideologiche e antropologiche che, non solo in Italia purtroppo, ha il modo in cui viene raccontato il mondo dei baby trans, sia perché conferma il coraggio con cui una personalità di indubbio spicco – in questo caso Sarantis Thanopulos – intende provare a rompere quella cappa politicamente corretta che tende, ahinoi, a soffocare o a ridimensionare il dibattito su questo decisivo argomento. Forse – ma è sicuramente difficile - c’è da sperare che altri possano seguire il suo esempio (specie viste le ricerche, l’ultima è uscita sul British Medical Journal, che smentiscono che il “cambiamento di sesso” serva a prevenire il suicidio), perché come insegna anche il nuovo libro di Francesca Romana Poleggi, nulla è più importante del bene dei nostri figli.

 

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