28/05/2024 di Giuliano Guzzo

L’ideologico, e pericoloso, Manifesto politico del Roma Pride 2024

I documenti ideologici sono un po’ come gli esami di Eduardo De Filippo: non finiscono mai. Non fai in tempo a leggerne uno che subito ne esce un altro. Così, ecco che – in vista del prossimo 15 giugno, quanto la Capitale tornerà ad ospitare la solita trita e ritrita manifestazione arcobaleno - è stato presentato il nuovo Manifesto del Roma Pride 2024. Inutile dire che si tratta di un manifesto con svariati punti critici, se non preoccupanti. Vediamo quali sono.

Nel Manifesto del Roma Pride 2024, infatti, troviamo tutta una serie di rivendicazioni che vanno dal «pieno riconoscimento del matrimonio egualitario» a «tutte le forme di famiglia» (poliamori inclusi?); dall’«identità di genere» all’«abolizione della pratica dannosa delle “terapie riparative” o “tentativi di conversione”»; dalla generica richiesta di «eliminazione delle discriminazioni nelle scuole, nelle università, nello sport, nei luoghi di lavoro e nelle istituzioni pubbliche» fino all’opposizione di «ogni forma di fascismo, razzismo e discriminazione».

Ora, non occorre essere fini politologi per comprendere come il Manifesto del Roma Pride 2024 – in questo ripercorrendo una strategia comunicativa notoriamente cara al mondo Lgbt – si serva di battaglie e concetti universalmente condivisibili, a partire dal contrasto alle «discriminazioni» (chi non è d’accordo?), per veicolare però una precisione visione ideologica di famiglia, di cittadino e, in definitiva, di società. Una visione, per essere precisi, a parole tollerante ma nei fatti per nulla tale.

Una riprova in tal senso viene dal fatto che alla conferenza di presentazione del Roma Pride 2024 – che ha il pieno sostegno della Giunta guidata dal sindaco Roberto Gualtieri, la cui grande passione per i temi arcobaleno è già stata ricordata su queste colonne – erano presenti, appunto, anche gli Assessori comunali Alessandro Onorato e Monica Lucarelli, con quest’ultima già distintasi nel recente passato per una ostinazione contro Pro Vita e Famiglia, come prova la sua arbitraria decisione di farne rimuovere i manifesti sulla base di motivazioni che Jacopo Coghe, portavoce della onlus, ha definito «assurde e inconsistenti, prive di qualsiasi riscontro giuridico».

Tornando al Roma Pride 2024 e al suo Manifesto, non va comunque dimenticato un aspetto fondamentale, e cioè che se da un lato è giusto avversare le «discriminazioni» - ma quelle reali, però, non quelle immaginarie – dall’altro il nostro Paese tutto è fuorché omofobo o intollerante. Anzi, è vero l’esatto contrario, come dimostrano in modo cristallino i dati ufficiali del Ministero dell’Interno. Basta leggerli: le «segnalazioni relative a crimini o discorsi d’odio per orientamento sessuale», se nel 2019 erano risultate 95, nel 2021 sono calate a 79 e nel 2022 a 73.

 Le stesse «segnalazioni relative a crimini o discorsi d’odio per identità di genere», nel 2022, sono risultate appena 13. Ora, posto che una cosa è una «segnalazione» e un’altra, ben diversa, è un crimine d’odio effettivamente provato, va sottolineato come tutti i crimini d’odio segnalati riconducibili all’universo Lgbt, sommati, siano 86, vale a dire molti meno delle «segnalazioni relative a crimini o discorsi d’odio per credo religioso», risultati 111. Dunque, come Pro Vita e Famiglia ripete da anni, davvero l’Italia è un Paese tollerante e con fenomeni di violenza e discriminazione davvero minimi e circoscritti, fermo restando che anche solo un episodio va condannato e perseguito. Diversamente da quanto, c’è da scommettere, si racconterà anche al prossimo Roma Pride.

 

 

 

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