18/10/2018

Droga libera in Canada: è il secondo Paese al mondo

Il Canada, è noto, è visto come un Paese all’avanguardia in quanto, anche in virtù dell’impostazione liberale del primo ministro Justin Trudeau, molto aperto al “progresso”: aborto libero, politiche Lgbt, apertura all’eutanasia (anche per i minori), diffusione dell’utero in affitto... e, da ieri, anche secondo Paese al mondo (dopo l’Uruguay) ad aver legalizzato la vendita e il consumo a scopo ricreativo della marijuana.

La legge sulla droga era stata approvata in via definitiva lo scorso giugno, dopo un iter molto combattuto e durato mesi. Al momento dell’approvazione da parte del Senato, Trudeau aveva esultato sul suo profilo Twitter scrivendo: «Era troppo facile per i nostri figli comprare marijuana e per i criminali farci grandi profitti. Oggi abbiamo cambiato le cose».

Ma stanno veramente così le cose? La legalizzazione della droga diminuisce i consumi e regolamenta un mercato altrimenti fuori controllo? E, soprattutto, la cosiddetta “droga leggera” è veramente così innocua?

A darci una risposta sono le ricerche scientifiche, che valgono molto più delle posizioni ideologiche. Innanzitutto è bene chiarire che la cannabis «agisce sul sistema nervoso e concorre a provocare danni che, soprattutto (ma non solo) se utilizzata in giovane età e in maniera continuativa, possono essere veramente ingenti». Il motivo di questo è presto detto: «la sostanza di interesse tossicologico è principalmente il tetraidrocannabinolo (THC). Nelle piante coltivate a scopo “ricreazionale” negli anni ’90 il contenuto medio di sostanza attiva (THC) era tra il 3 e il 4,5%; nel 2008, questo valore era salito all’8%, nell’ultimo decennio sono state infine prodotte diverse varietà di cannabis con un contenuto di THC superiore al 20%, in alcuni casi fino al 30%». Quindi, se anche un tempo non andava bene farne uso, oggi lo è ancora meno.

Contro il fatto che la cannabis sia innocua, poi, è stato inoltre pubblicato recentemente uno studio sul Journal od Alzheimer’s Disease, a firma di Daniel G. Amen, dal quale è emerso che «l’invecchiamento cerebrale era legato alla modificazione del flusso sanguigno e consumare cannabis era associato in media a 2,8 anni di invecchiamento prematuro». 

Infine, solo per dare una veloce panoramica degli aspetti salienti, non va dimenticato che la cannabis provoca dipendenza e che spesso questa dipendenza porta il consumatore verso le cosiddette “droghe pesanti”: si tratta, quindi, di un primo gradino di una scala che rischia di essere in rovinosa discesa.

Tralasciamo poi qui, per motivi di spazio, le possibili riflessioni sul fronte socio-educativo e torniamo al Canada: perché uno Stato dovrebbe voler tutelare tutto questo? A pensare male si fa peccato, ma spesso si colpisce nel segno: una società “drogata” è una società fragile, manipolabile, assolutamente dipendente; è un insieme di uomini che non sono più persone liberi, bensì burattini... cos’altro possono volere i potenti?

Giulia Tanel

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