13/04/2023 di Gloria Callarelli

Utero in affitto, l’esperta di diritto Parolin: «Madre surrogata non viene mai presa in considerazione»

Chiara Parolin è avvocato e coordinatrice del gruppo di legali che si occupa di monitorare le discriminazioni delle donne migranti all’interno dell’Unione Europea. La questione dell’utero in affitto, comprendiamo da una chiacchierata con lei, è uno dei problemi centrali che riguardano oggi le donne, anche in Europa.

Ci informa l’avvocato: «A livello europeo sappiamo che non c’è normativa uniforme sulla maternità surrogata: ci sono Stati che la vietano e Stati che non la regolano per nulla. L’UE tutela il supremo interesse del minore: questo minore nello Stato membro deve veder riconosciuto il diritto alla famiglia e una nazionalità. Insomma uno stato civile».

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Il punto è, sottolinea l’avvocato, che manca una forma di protezione anche per la donna: «La donna, la madre surrogata, non viene mai presa in considerazione dal legislatore e questo nonostante i danni che questa pratica può portare a psiche e fisico».

Una questione che merita di essere sollevata per diverse ragioni. Innanzitutto perché dietro una pratica del genere si nasconde un vero e proprio fenomeno di schiavitù: «Nei Paesi in cui la pratica è legalizzata vedi Ucraina, Georgia o Cipro, le donne che vengono reclutate sono quelle che vivono nella parte più disagiata. Sono donne mosse da un bisogno economico e, come numerosi studi lo confermano, dietro la pratica della maternità surrogata si può ipotizzare la presenza di un vero e proprio traffico di donne allo scopo di farle diventare madri surrogate. Un traffico di donne che ha caratteristiche di reclutamento simili a quello dello sfruttamento sessuale», spiega sempre Parolin.

La questione schiavitù si allaccia alle modalità di funzionamento della pratica. Racconta Parolin: «Sono frequenti in questo sistema i movimenti transfrontalieri per sfruttare le legislazioni dei Paesi più convenienti: in Ucraina coppie dello stesso sesso, ad esempio, non possono ricorrere a maternità surrogata. Quindi accade che per i primi sette mesi di gestazione la donna resta in Ucraina sottoposta a visite mediche serrate, e alterna periodi in cui non può lasciare la clinica a periodi in cui è costretta a lasciare la propria famiglia (in Ucraina devi già aver avuto un figlio per diventare madre surrogata). Gli ultimi tre mesi del parto, infatti, la donna viene generalmente spostata a Cipro, nella parte turca, perché qui è consentita la pratica per coppie dello stesso sesso. Oppure pensiamo a quelle donne che dalla Bulgaria vengono trasferite in Grecia con la promessa di ottenere un lavoro di servizio domestico e che poi invece finiscono per diventare madri surrogate. Se pensiamo poi che spesso il neonato viene abbandonato in un orfanotrofio in condizione di apolidia o perché non corrisponde alle richieste del “cliente” o perché disabile e nemmeno la madre surrogata per contratto può tenerlo. Tutto questo ci fa capire come la situazione diventi oltremodo grave. L’Italia fortunatamente vieta la pratica della maternità surrogata o la commercializzazione dei gameti, altro fenomeno diffuso».

La questione dell’estensione del reato universale di utero in affitto, ci fa infine sapere l’avvocato, è complessa da attuare da un punto di vista legislativo: «La giurisdizione penale universale dice che i crimini perseguibili fuori dallo Stato sono quelli contro l’umanità: si dovrebbe far riconoscere la maternità surrogata quale tale e, spiace dirlo, ma oggi culturalmente l’umanità non pare affatto pronta».

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