05/04/2023 di Luca Marcolivio

Utero in affitto e condanna UE per le trascrizioni. Il commento dell’esperto giurista

L’utero in affitto è già reato nel nostro ordinamento, tuttavia, da più parti (politiche e non) si cerca di renderlo tale anche universalmente, cioè se commesso – sempre da cittadini italiani – all’estero. Un tema che ha ricadute anche sulla questione delle trascrizioni, per il cui stop l’Italia è stata recentemente condannata dall’Unione Europea. Pro Vita & Famiglia ha affrontato l’argomento con Aldo Rocco Vitale, Visiting Professor presso la Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, dottore di ricerca in Storia e Teoria generale del diritto europeo presso la Facoltà di giurisprudenza dell’Università Tor Vergata di Roma, nonché membro dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani e del Centro Studi “Rosario Livatino”.

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Professor Vitale, ci può tracciare un profilo giuridico del disegno di legge sull’utero in affitto reato universale? L’impianto le sembra solido o vulnerabile?

«Va premesso che l’utero in affitto e la maternità surrogata sono già disciplinati dalla Legge 40/2004, quindi, per quanto mi riguarda, di per sé non c’è bisogno di un’ulteriore normativa. Semmai, questa nuova legge potrebbe rafforzare il sistema sanzionatorio della Legge 40. Potrebbe senza dubbio creare una forma di reato universale, quindi intensificare il profilo penalistico che la Legge 40 prevede, affinché possa diventare una fattispecie criminosa che le procure possono cominciare a perseguire anche qualora commessa all’estero. Per ora così non è, in quanto la perseguibilità di questa fattispecie di reato sussiste soltanto nel caso in cui il fatto si consumi in Italia. Senza dubbio delle integrazioni sono possibili e anche auspicabili ma partendo dalla normativa e dalle sanzioni che già sono previste. Si potrebbe altresì prevedere una forma rafforzata di fattispecie criminosa relativa al falso ideologico per quegli ufficiali, quei sindaci o per i loro delegati che dovessero eventualmente trascrivere (attualmente o anche in futuro) gli atti di nascita di soggetti venuti al mondo all’estero tramite maternità surrogata».

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In che modo si potrebbe intensificare la fattispecie criminosa del falso?

«In sostanza le eventuali trascrizioni che si dovessero verificare attesterebbero ciò che la realtà nega, cioè il fatto che il bambino sia nato da due uomini o da due donne, quando invece è nato da una donna, che il più delle volte viene pagata per cedere quello che viene definito il “prodotto del concepimento”. I problemi interconnessi sono tanti: lo status filiationis, il principio di legalità e di materialità ma anche la veridicità dei documenti, degli atti pubblici e dei registri pubblici come quelli anagrafici. Ci sono tantissimi altri problemi relativi, ad esempio, al fatto che il più delle volte si ricorre alla fecondazione eterologa (che la Corte Costituzionale ha legalizzato, azzoppando il divieto originario formulato dalla Legge 40), la quale, assieme alla maternità surrogata, lascia intatti tutti i problemi etici e giuridici che da questo scaturiscono, come, ad esempio, la moltiplicazione delle figure genitoriali. Il vero cuore del problema, tuttavia, è che, tramite la maternità surrogata, sia essa gratuita, sia essa lucrativa, si verifica una mercificazione dell’essere umano. Attenzione, però: questa mercificazione non riguarda soltanto la donna ma anche i committenti, i soggetti che mettono a disposizione il materiale genetico, cioè chi dona o vende l’ovulo o il liquido seminale. Al centro, comunque, c’è anche e soprattutto la mercificazione del neonato che, venendo definito “prodotto del concepimento”, viene in tutto e per tutto equiparato a una res, a una cosa. La domanda è: come mai, in un’epoca dei diritti come quella attuale, ci interessiamo del diritto al figlio e, invece, ci disinteressiamo dei diritti del figlio? La maternità surrogata sovverte i principi giuridici elementari e, per questo, deve essere vietata e punita nel modo più duro e concreto possibile».

A livello di normative europee, un’eventuale legge che definisca la maternità surrogata un reato universale sarebbe perfettamente compatibile con l’ordinamento comunitario?

«Secondo me sarebbe compatibile. Anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si è pronunciata più volte contro la maternità surrogata. Ad esempio, nel caso Paradiso-Campanelli vs Italia, la Corte stabilì che non si poteva riconoscere la trascrizione dell’atto di nascita, proprio perché questo avrebbe rappresentato un aggiramento del divieto dovuto alla Legge 40. Siccome si tratta di un divieto di ordine pubblico, può essere aggirato, demandando ai singoli parlamenti la facoltà di disciplinare la materia. Se ci sono parlamenti nazionali che la vogliono legalizzare possono farlo, così come se ci sono parlamenti nazionali che la vogliono vietare, è altresì legittimo che questo venga fatto, come è stato già fatto, in parte, dal Parlamento italiano e come può essere fatto, a maggior ragione, se viene reso reato universale. Pensiamo anche a una recente sentenza del 2021, proprio della Cedu, il caso Valdìs vs Islanda, la quale, appunto, ha sancito che il divieto di trascrizione degli atti di nascita dei bambini nati con maternità surrogata è pienamente legittimo. I divieti posti dai singoli ordinamenti contro la maternità surrogata sono pienamente legittimi sia a livello della dimensione costituzionale dei singoli Paesi (ci sono paesi che ammettono la mercificazione dell’essere umano ma lì, allora, si tratterebbe di una stortura dell’architettura costituzionale più che della singola norma), sia alla luce delle carte internazionali e, soprattutto, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo».

Il Parlamento Europeo ha recentemente condannato l’Italia per lo stop alle trascrizioni dei figli delle coppie omogenitoriali. Questa mossa potrebbe creare problemi all’applicazione dell’eventuale nuova legge?

«Dobbiamo comprendere che si tratta di dimensioni e livelli differenti. Il Parlamento Europeo non ha la stessa potestà e la stessa pienezza legislativa che hanno i parlamenti nazionali. L’Europarlamento può dichiarare ciò che vuole, tuttavia non può in nessun modo inficiare eventuali normative che il Parlamento italiano andrebbe ad approvare».

 

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