15/10/2020 di Luca Scalise

Umanità o morte, cosa offriamo ai malati?

Cosa offriamo ai sofferenti, umanità o morte? Tra le due non è possibile un “et – et”, ma solo un “aut – aut”. Non c’è alcuna compatibilità tra eutanasia, suicidio assistito et similia e la “compassione”. Compassione, “patire con”, è il farsi carico delle sofferenze altrui, condividere un dolore perché chi soffre non sia solo. Questa è umanità. Alleviare le sofferenze e, se possibile, eliminare quelle, non il sofferente, come abbiamo ricordato innumerevoli volte.

«Un tetraplegico 42enne, bloccato in un letto da anni dopo un incidente stradale senza poter muoversi, parlare, bere o mangiare, ha chiesto all'Asl di riferimento di poter ricorrere al suicidio assistito. […] La risposta, però, è stata una bocciatura. L'associazione Luca Coscioni, che segue il caso, ha annunciato un'azione legale contro l'Asl», leggiamo in un articolo di TGCOM24.

Quindi è la morte che si dovrebbe offrire a chi soffre? Sarebbe questa l’umanità? Abbiamo recentemente ricordato la Giornata Mondiale per le cure palliative, di cui ancora se ne parla troppo poco – ha sottolineato il nostro presidente Toni Brandi.

«Le cure palliative sono in grado di alleviare le sofferenze del malato e della sua famiglia, ma il grande scandalo resta che oggi solo il 5% dei minori usufruisce delle cure palliative. Abbandonare i bambini nella sofferenza non è un’atrocità? Certo che lo è, ma sembra che il nostro Governo sia più interessato ad introdurre la legge sull’eutanasia invece di curare i malati, forse per facilitare la morte di migliaia di malati sofferenti e depressi?», si chiede.

Possibile che ci si preoccupi di aiutare a morire le persone più di quanto lo si faccia per aiutarle a vivere? C’è ancora tanto da offrire al sofferente, quando la guarigione non è più possibile: cure palliative, assistenza psicologica, economica, sanitaria, vicinanza umana. E tutto ciò davvero può fare la differenza e far sì che venga accolta la richiesta di aiuto a vivere, spesso nascosta dietro la manifestazione di una volontà suicidaria.

A questo grido possiamo rispondere con l’umanità, con la compassione vera, con l’aiuto alla vita e le cure necessarie, o con la falsa compassione della cultura della morte. «La legalizzazione del suicidio assistito e dell’eutanasia – hanno concluso Toni Brandi e Jacopo Coghe in un altro comunicato - è come un invito a tutte le persone che vivono con estremo disagio questo momento a levarsi di torno». Scegliere la compassione (vera) è scegliere la civiltà.

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