04/07/2022 di Luca Marcolivio

Monsignor Regattieri: «Gender e veglie contro omofobia sconcertano i fedeli»

La scuola, luogo di formazione ma anche e soprattutto di crescita e di socializzazione per i più piccoli, diffondendo la teoria del gender, rischia di tradire il proprio ruolo. A ricordarlo è monsignor Douglas Regattieri, vescovo di Cesena-Sarsina, che chiamato in causa sul tema da Pro Vita & Famiglia, ha deplorato anche il ricorso di certe parrocchie alle veglie anti-omofobia.

Eccellenza, sempre più spesso, nella scuola italiana, assistiamo a tentativi di indottrinamento ideologico riguardo alle cosiddette “teorie del gender”, con argomentazioni che non sono adatte agli studenti, soprattutto ai bambini delle scuole elementari o medie. Cosa ne pensa?

«Il mondo della scuola costituisce un centro nevralgico per la vita di una società. È un tempo che i bambini e i ragazzi vivono con intensità, con passione. Lo dimostra il desiderio, ampiamente registrato tra i ragazzi, di ritornare sui banchi, in presenza. La scuola, infatti, non è solo insegnamento, ma anche vita, è educazione al vivere bene; la scuola favorisce relazioni forti e durature ma, ahimè, può anche essere veicolo di non educazione; può essere spazio per eventi di violenza e di sopraffazione (bullismo e altro), di non rispetto dell’altro. Di fronte alla tendenza a diffondere la teoria del gender (che noi riteniamo perniciosa perché stravolge l’umano e dà una visione distorta della vera antropologia, tanto più se avviene in un contesto in cui fragili persone in formazione come i  bambini e i ragazzi, stanno aprendosi alla vita), è lecito, anzi doveroso, porsi la domanda che si faceva recentemente una giornalista di Avvenire: “È progresso consentire di dichiararsi donna o uomo in base alla propria percezione soggettiva annullando il sesso? O è progresso agire perché donne e uomini, i due sessi che costituiscono l’umanità, siano riconosciuti entrambi pari e liberi?”. L’espressione “identità di genere” mira chiaramente ad annullare la differenza, il dualismo uomo-donna, a vantaggio di un’autopercezione individuale, tesa a cancellare la differenza sessuale, a creare una confusione antropologica che confonde e sicuramente lede il principio di condivisione, reciprocità uomo-donna, su cui si fondano la famiglia e l’educazione».

Tra questi tentativi, ultimamente spicca quello della “Carriera Alias” nelle scuole. Ritiene che questa disposizione possa indurre il giovane alla confusione sulla propria identità, spingendolo, soprattutto, a prendere decisioni che diventeranno irreversibili?

«Si tratta di un provvedimento che mi pare valga solo per i documenti scolastici di studenti che si identificano con l’altro sesso e che non sia irreversibile. Questo, tuttavia, non ne attenua, a mio avviso, la pericolosità, proprio perché la scuola è un tempo e uno spazio formativo molto importante. Pertanto, ritengo davvero problematico e pericoloso procedere su questa strada. Ciò non toglie, come diciamo sempre, che questi ragazzi, debbano non essere oggetto di discriminazioni, di violenze, anche solo verbali, e di giudizi non rispettosi della loro dignità».

STOP GENDER NELLE SCUOLE - FIRMA LA PETIZIONE!

Un altro problema, sempre riferito ai più piccoli, è quello della sessualizzazione morbosa dei corpi (e quindi dei minori), in particolare attraverso il web. Comportamenti al limite della decenza ed espliciti che rischiano di far cadere i bambini nelle mani di pedofili e della pedopornografia. Cosa si può fare, secondo lei, per contrastare questa pseudo-cultura? 

«Credo che sia chiamata in causa la capacità educativa della famiglia in primis, ma di tutta la società. Da qui discende la necessità di un lavoro in rete delle cosiddette alleanze educative, tutte volte a preservare i piccoli da questi pericoli: chiesa, istituzioni civili, scuola, associazioni culturali e sportive. L’educazione all’uso dei social è fondamentale. Ma anche qui ritorna il tema della coerenza e della testimonianza personale di noi adulti: come educare i ragazzi a tale uso, se noi adulti ne siamo diventati schiavi?».

Ovviamente è sacrosanto essere contrari a qualsiasi forma di discriminazione: cosa ne pensa, tuttavia, delle sempre più frequenti veglie ecclesiali contro l’omotransfobia, che rischiano di veicolare contenuti radicalmente contrari ai dettami del Santo Padre, del Catechismo della Chiesa Cattolica e alla sua Dottrina?

«Nel 2016, sul volo di ritorno dal viaggio in Georgia e in Azerbaigian, papa Francesco rispose a una domanda circa l’atteggiamento da avere verso persone omosessuali: “Prima di tutto, io ho accompagnato nella mia vita di sacerdote, di vescovo – anche di Papa – ho accompagnato persone con tendenza omosessuale e anche con pratiche omosessuali. Le ho accompagnate, le ho avvicinate al Signore, alcuni non possono, ma le ho accompagnate e mai ho abbandonato qualcuno. Questo è ciò che va fatto. Le persone si devono accompagnare come le accompagna Gesù. Quando una persona che ha questa condizione arriva davanti a Gesù, Gesù non gli dirà sicuramente: “Vattene via perché sei omosessuale!”, no. Quello che io ho detto riguarda quella cattiveria che oggi si fa con l’indottrinamento della teoria del gender”. Bisogna avere attenzione: iniziative come queste, che pure rispondono a un buon intento, esigono una valutazione accorta per l’impatto che possono avere sull’opinione pubblica. Può diffondersi il pensiero che tutto va bene, che la Chiesa approva e benedice tutto…  Il primo dovere è l’accompagnamento di queste singole persone, perché anche loro, come tutti, sono chiamate alla santità. C’è, da una parte, un problema di impegno pastorale che va nella direzione dell’accompagnamento; dall’altra, c’è un problema di valutazione delle ricadute che possono avere queste iniziative, che – ripeto – pur con la buona intenzione di cui sono animate, possono creare sconcerto tra i fedeli».

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