22/01/2024 di Giuliano Guzzo

Le reazioni della politica italiana al voto sul fine vita in Veneto

È stata una piacevolissima sorpresa, per non dire un vero e proprio colpo di scena, la bocciatura da parte del Consiglio regionale del Vento della legge d’iniziativa popolare sul suicidio assistito – che ora risulta rinviata in commissione. Basti ricordare che non solo il mondo pro life, ma gli stessi politici contrari a quel provvedimento, come l’Assessore all’Istruzione Elena Donazzan, si erano detti molto preoccupati del rischio che esso potesse essere approvato. Invece la stessa linea sposata dal governatore Luca Zaia è finita in minoranza, cosa che quasi nessuno avrebbe pronostica.

C’è chi attribuisce questo esito alla divisione interna alla compagine di centrodestra, chi invece sostiene che ad aver affossato il pdl sia in realtà stata una consigliera cattolica del Pd, Anna Maria Bigon. Quello che è certo che il fatto è stato politicamente eccezionale; anche per questo le reazioni sono state davvero numerose, ben oltre il perimetro regionale del Veneto e, in definitiva, di due tipi: di appoggio e di critica, rispetto a quanto accaduto. Iniziando con le prime, impossibile non partire dal leader del Carroccio, Matteo Salvini, che pur evidenziando come il suo partito su questi temi riconosca la libertà di coscienza («la Lega non è una caserma e c'è libertà di pensiero»), si è detto lieto dell’esito finale avuto: «Per me bene che sia finita così».

Soddisfazione è stata espressa anche dal Capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri: «Sono molto contento che in Veneto sia stata bloccata una scorciatoia verso l'eutanasia. Come aveva detto il Coordinatore regionale di Forza Italia Tosi non era una materia che doveva essere affrontata a quel livello. Difendiamo la vita in tutte le sue fasi»; analogamente, una nota stampa ufficiale degli Azzurri – coerentemente con la linea del suo storico leader, Silvio Berlusconi, che era contrario alla “dolce morte” e in tal senso si è pure battuto, nel caso di Eluana Englaro - ha sottolineato che quello del fine vita è un tema che deve «essere trattato dal Parlamento in cui ribadiremo che Forza Italia è contro l’eutanasia».

«Chiaro che sono contento del voto», ha rincarato il leader di Noi Moderati, Maurizio Lupi, secondo il quale «il Veneto non poteva colmare questo vuoto, lo ha detto anche Zaia, non aveva il potere. In ogni caso la Consulta ha chiesto al Parlamento di legiferare, non di introdurre l'eutanasia». Sia pure con toni rispettosi, Lupi ne ha avute anche per i promotori, attraverso la raccolta di migliaia di firme, della legge silurata: «Hanno raccolto 9.000 firme sulla proposta di legge, ma il Veneto ha 5 milioni di abitanti. Rispetto quelle firme, ma non sono la maggioranza. È da presuntuosi pensare che in Italia tutti vogliono il diritto all'eutanasia e al suicidio assistito».

Un altro centrista, il senatore Udc Antonio De Poli, ha invece sottolineato come le istituzioni abbiano un compito ben preciso: «Difendere la vita fino all’ultimo». Secondo il senatore di Fratelli d’Italia Raffaele Speranzon, che è anche vicepresidente vicario del gruppo al Senato, quello del Veneto è un voto che «rinfranca dell'impegno che quotidianamente svolgiamo per difendere la sacralità della vita»; di tenore analogo il commento di Marina Marchetto Aliprandi, deputata di Fratelli d'Italia, la quale ha visto nell’accaduto «una bella notizia simbolo: la cultura della vita vince su quella della morte». Un altro esponente del partito di Giorgia Meloni che alcune indiscrezioni riprese anche da Repubblica vorrebbero futuro candidato della Regione Veneto, il senatore Luca De Carlo, non ha risparmiato una frecciata appunto a Zaia, che a suo dire «ha sempre avuto questa posizione che lo pone in una posizione incomprensibile forse al centro-destra o a parte del centrodestra, questo di sicuro».

Una critica al governatore del Veneto è arrivata pure da Matteo Montevecchi, consigliere regionale della Lega in Emilia-Romagna, il quale ironizzato Zaia come vero sconfitto di questa fase: «Avrebbe voluto rendersi l'artefice di questa legge pro-morte, ma gli è andata male e ha subito una sonora sconfitta. Ora per consolazione gli potrebbero giusto regalare la tessera onoraria del Pd». A proposito di Zaia, da astuto stratega della politica da una parte – dopo aver spinto in favore del pdl sul suicidio assistito – ha evidenziato come l’esito del voto vada rispettato («questa è la democrazia»), dall’altra, ha cercato di sminuire la gravità dell’accaduto: «Con questo voto è confermato che si trattava di una proposta di legge di iniziativa popolare che non viene dalla Giunta Regionale e spero che tutti abbiano avuto modo di comprenderlo visto che la comunicazione è stata fatta in altra maniera». Più esplicita, anche se simile nel richiamo ai meccanismi democratici, l’amarezza manifestata da Alberto Villanova, presidente dell'intergruppo Lega - Liga Veneta In Regione Veneto: «Dispiace perché ero e resto favorevole al provvedimento. Ma in democrazia l'esito dei rappresentati del popolo si rispetta. Oggi ha vinto solo la democrazia, e nessun'altro».

A supporto del governatore veneto, forse per rincuorarlo un po’, si è levata la voce di quello della Liguria, Giovanni Toti, secondo cui Zaia ha «posto una questione vera». Non solo. Per il presidente ligure il collega veneto ha mostrato «coraggio» perché «è stata una legge di iniziativa popolare che lui ha voluto cogliere e credo che abbia dato una sollecitazione alla politica che il Parlamento dovrà cogliere, non solo i consigli regionali». Parole singolari, queste, dato che nel 2021 il Consiglio regionale proprio della Liguria aveva respinto la richiesta di referendum abrogativo per consentire l'eutanasia legale, con l’assenza al momento del voto il presidente della Regione Giovanni Toti, che aveva indicato libertà di voto sul tema ai consiglieri di maggioranza. Chissà, forse Toti ha cambiato idea.

Ma andiamo avanti. Un altro commento dispiaciuto del voto Veneto è quello dei dem. «Come Pd abbiamo sostenuto convintamente questa proposta», afferma infatti una nota della capogruppo del Pd, Vanessa Camani, a detta della quale «emerge il dato politico relativo al fatto che le parole e le indicazioni del presidente Zaia siano cadute nel vuoto da parte di oltre la metà della sua maggioranza: una spaccatura profonda che non può essere giustificata dalla libertà di coscienza e che sta alla base dello stop alla legge». Comprensibile anche l’amarezza dell’Associazione Luca Coscioni, che ritiene una opportunità non colta quanto ha deciso la Regione Veneto. Tuttavia, ha fatto sapere l’associazione radicale tramite i suoi esponenti Filomena Gallo e Marco Cappato, «auspichiamo che il Consiglio vorrà presto tornare ad esprimersi e approvare il testo».

Inoltre, per Gallo e Cappato, nonostante l’accaduto, c’è comunque un bicchiere mezzo pieno: «Siamo comunque certi che il confronto di queste settimane non sia avvenuto invano. È infatti cresciuta nell'opinione pubblica veneta la consapevolezza dell'esistenza in Italia, a determinate condizioni, del diritto di ottenere l'aiuto medico alla morte volontaria, come già i casi di Federico Carboni nelle Marche, 'Anna' in Friuli e 'Gloria' in Veneto hanno dimostrato». Per un altro esponente del mondo radicale, Riccardo Magi, segretario di +Europa e per Corrado Cortese – coordinatore di +Europa Veneto -, l’accaduto va inquadrato come una sorta di resa dei conti interna al centrodestra: «Fdi, Fi e un pezzo di Lega fanno una battaglia politica contro Zaia e per il dopo Zaia sulla pelle di migliaia di malati e di famiglie che chiedevano solo che venisse disciplinata una legge che già c'è grazie alla sentenza della Corte Costituzionale».

Anche il segretario nazionale di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni, che come noto è parlamentare dell'Alleanza Verdi Sinistra, ha voluto leggere tutto il voto sul suicidio assistito come una sorta di spallata (o tentata tale) a Zaia, il quale dovrebbe trarne le dovute conseguenze: «Se fosse successo in Parlamento ad un'iniziativa sostenuta anche dalla presidente del consiglio con il governo che va sotto, qualcuno poi si dimette». Il governatore veneto, invece, di certo non penserà a dimettersi. Ma c’è da scommettere che, per quanto mascherata in dichiarazioni equilibriate se non distaccate – quasi che non avesse mai espresso esplicito consenso alla legge affossata dall’Aula -, in Zaia martedì sera la delusione sia stata non piccola. Anche per i possibili risvolti che questo incidente di percorso, chiamiamolo così (anche se pare essere stato ben di più), potrebbe avere il suo futuro politico, che sia in Veneto o altrove.

 

 

 

 

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