12/08/2020 di Luca Scalise

Indiana, le complicanze post aborto si possono non segnalare

Se chi si dice pro aborto tenesse davvero alle donne, sarebbe il primo a volerle informare sui rischi di questa pratica e sui casi concreti in cui essa ha portato a complicanze per la salute femminile. Diversamente, se volesse oscurare le notizie che parlano dei pericoli dell’aborto, non sarebbe certo sincero nel suo dirsi a favore dei diritti, della dignità e della libertà delle donne.

Strano che ogni volta che un pro life parla di questi argomenti, citando le fonti, piuttosto che essere applaudito dai sostenitori dei diritti della donna, venga come minimo censurato.

Nell’Indiana, il Senate Enrolled Act 340 del 2018 aveva richiesto che ogni anno ciascun medico segnalasse  eventuali conseguenze negative dell’aborto che si sono verificate, tra cui: «perforazione dell'utero o della cervice, infezioni, emorragie, coaguli di sangue, arresto cardiaco o respiratorio e condizioni emotive o psicologiche».

Era quindi una legge utile. Peccato che, come leggiamo su Life News, sia stata dichiarata “incostituzionale” da un giudice federale, dopo che Planned Parenthood l’aveva contestata. Non ci stupisce che Planned Parenthood abbia contestato una simile legge. Essa, infatti, rappresenta un pericolo per le strutture che praticano aborti, in quanto svelerebbe i possibili pericoli di tale pratica.

Ricordiamo bene come nel 2019 i pro life dell’Operazione Rescue, attraverso la registrazione delle telefonate al 911 (ambulanza statunitense), erano riusciti a far uscire allo scoperto ben 100 casi di emergenze mediche post aborto, solo in un anno e solo presso le cliniche in cui erano attivi.

Per non parlare delle richieste ridicole da parte di alcune strutture abortiste al 911 di soccorrere le donne andate incontro a complicazioni post aborto senza sirene e con luci spente, per non farsi vedere dai pro life.

Insomma, sembra che per gli abortisti non contino tanto i diritti o la libertà delle donne, quanto, piuttosto, che abortiscano e mandino avanti il loro business. E i pro life che parlano dei rischi dell’aborto, meglio etichettarli come retrogradi, bigotti o maschilisti, pur di screditarli e tappargli la bocca.

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