18/01/2023 di Giuliano Guzzo

I “baby trans” sono quelli con più traumi. La denuncia di una femminista

E se dietro alla corsa al "cambio di sesso" tra i minori, più che la disforia di genere, ci fossero storie di traumi e addirittura di abusi? Ad avanzare quest’ipotesi, senza dubbio forte e veritiera, non è stato qualche oscuro conservatore, tutt’altro. Si tratta di uno scenario formulato da Julie Bindel, classe 1960, storica femminista del Regno Unito nota anche per essere co-fondatrice del gruppo di riforma della legge Justice for Women, avente lo scopo di aiutare le donne che sono state perseguite per aver aggredito o ucciso partner maschi violenti.

Proprio questa forma di attivismo, ha portato nel corso degli anni Bindel a frequentare Blackpool, centro abitato che costituisce una delle aree più svantaggiate dell'Inghilterra; lì è infatti diffusa la prostituzione minorile - non a caso è “la Mecca” del turismo sessuale britannico – e lì si registrano maree di abusi sui minori, nonché, come se non bastasse, il numero più elevato di pedofili condannati che in qualsiasi altra parte del Regno Unito. Non per nulla, come lei stessa ha avuto modo di raccontare intervenendo sul sito Unherd.com, la donna si è trovata, nel 2007, a dare una mano alla polizia dopo la scomparsa di una quattordicenne il cui corpo, purtroppo, non è mai stato ritrovato.

STOP GENDER TRA I BAMBINI! - FIRMA QUI!

Ebbene, ascoltando un podcast sull’ormai famigerato Gender Identity Development Service del Tavistock di Londra, grande è stata la sorpresa di questa attivista – che infatti ha deciso di condividere il fatto coi suoi lettori – nell’apprendere un dato, che lasciamo raccontare direttamente a lei. «La maggior parte delle persone che si rivolgono a quella clinica», ha scritto Julie Bindel, «non provengono, come si potrebbe supporre, dal sud o da Brighton, bensì da Blackpool. Questo è sicuramente l'ultimo posto in cui ti aspetteresti di vedere così tanti bambini transidentificati. Dopotutto, le voci che sentiamo così spesso su questo tema nei media tendono ad appartenere a ragazzi dell'alta borghesia cresciuti in famiglie liberal».

In effetti è così. Normalmente, i mass media segnalano come il figlio o la figlia dell’attore X o del campione dello sport Y abbiano deciso di «cambiare sesso». E l’idea che resta nei telespettatori o nei lettori, per forza di cosa, è che questo tipo di fenomeno sia proprio di bambini particolarmente fortunati; ma con ogni probabilità quelle sono le eccezioni. Nella maggior parte dei casi, scrive ancora Bindel, le cose stanno in modo decisamente diverso. A suffragio di ciò, la femminista inglese segnala anche uno studio scientifico, non recente ma non per questo meno eloquente.

Si tratta di una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Journal of Psychology and Human Sexuality nel 1994 che, considerando un campione di 45 persone transgender, ha rilevato un dato difficile da considerare marginale, vale a dire il fatto che oltre il 60% di esse ha riferito di aver subito uno o più tipi di gravi abusi in età giovanile. Ora, per quanto occorra sempre essere prudenti prima di parlare non solo di nesso causale ma anche di correlazione, è chiaro come un così significativo tasso di esperienze infantili di abusi fisici, sessuali ed emotivi in persone che poi hanno deciso di «cambiare sesso», ecco, non può lasciare indifferenti.

STOP GENDER TRA I BAMBINI! - FIRMA QUI!

Tanto più che Julie Bindel avanza la sua tesi in un contesto sociale in cui, nonostante gli scandali che i lettori di Pro Vita & Famiglia ben conoscono, l’ondata transgender è tutt’altro che conclusa, anzi. Giusto pochi giorni or sono una delle principali agenzie di stampa del mondo, la Reuters, ha messo in luce un dato tutt’altro che marginale: ci sono migliaia di minori inglesi, pare perfino 8.000, in attesa di assumere bloccanti la pubertà e di iniziare l’iter di riassegnazione di genere. Il cambio delle linee guida su tale versante, su cui si è scritto anche in questo sito, porta oggi il Servizio sanitario inglese a maggior prudenza e cautela, e così le liste di attesa, per così dire, si allungano. Ma, vien da dire alla luce di quanto ha scritto Bindel – e dei sempre più numerosi casi di detransitioners, i «trans pentiti» desiderosi di tornare alla loro identità originale – non tutto il male vien per nuocere.

 

Questo articolo e tutte le attività di Pro Vita & Famiglia Onlus sono possibili solo grazie all'aiuto di chi ha a cuore la Vita, la Famiglia e la sana Educazione dei giovani. Per favore sostieni la nostra missione: fai ora una donazione a Pro Vita & Famiglia Onlus tramite Carta o Paypal oppure con bonifico bancario o bollettino postale. Aiutaci anche con il tuo 5 per mille: nella dichiarazione dei redditi firma e scrivi il codice fiscale 94040860226.