20/04/2021

Gender a scuola: il caso di Crema

Solo pochi anni fa, quando alcuni movimenti e associazioni scesero in piazza per dire no al gender nelle scuole, i media mainstream fomentati da esponenti della galassia LGBT, dissero che il gender era una invenzione dei cattolici.  
"Veritas filia temporis", ci ricorda l’antica saggezza popolare, e così è stato. Sono passati solo pochi anni e quella che inizialmente era stata fatta passare per una menzogna dei cattolici si è invece palesata per quello che è: una pervicace ideologia che sta insidiando la nostra società e i nostri figli. 
 
Per capire quanto le teorie gender si stiano diffondendo, basti pensare che nei prossimi giorni, anche presso una scuola di Crema (l’Istituto Munari) verrà proposto un progetto dal titolo: "Riflessioni sull’orientamento sessuale e l’identità di genere”.  
 
Di cosa si parlerà? Da quanto hanno riferito dei genitori si parlerà di stereotipi nella sessualità, identità di genere, omofobia, transfobia, minority stress, etc. Chi condurrà questi incontri? Al momento pare che ai genitori non sia stato detto.
 
Ma gli interrogativi e i dubbi sono molti. Sicuramente è stata segno di grande prudenza la scelta operata dal Dirigente scolastico di consentire la partecipazione a tale iniziativa solo agli studenti in possesso dell’autorizzazione dei genitori.
 
Ma oltre a questo pare opportuno chiedere che tematiche così delicate siano trattate in modo ampio, anche con un contraddittorio, in assenza del quale è lecito temere che il progetto diventi solo un'occasione di indottrinamento, un tentativo di fare passare le tesi di questa ideologia come un dato scientifico condiviso ed indiscutibile.  
Purtroppo, sempre più spesso, la scuola è usata come luogo per promuovere una sorta di “rivoluzione antropologica”; una rivoluzione che vuol giungere a mettere in secondo piano l’identità sessuale come condizione naturale e biologica. Un processo pericoloso perché porta a staccarsi dal dato reale, oggettivo, per perdersi nelle mille percezioni che una persona può avere di sé. 
 
Non è un caso se invece di sesso (fondamentale per identificare una persona), si parla di genere (inteso come costruzione culturale e psicologica di un'identità); invece di uguaglianza tra uomini e donne, si parla di uguaglianza di genere. Questa rivoluzione antropologica, inoltre, tende anche ad attaccare la famiglia naturale, per sostituirla con una improbabile molteplicità di tipi di "famiglie".
 
Si vuol far credere che anche due uomini possano costituire una famiglia ed avere figli, ma spesso ci si dimentica di dire che i figli ostentati da queste famiglie cosiddette “arcobaleno”, sono comprati e frutto della pratica dell’utero in affitto. Verrà detto tutto questo ai ragazzi che parteciperanno al progetto? 
 
Spiace se ai giovani allievi del Munari verrà preclusa la possibilità di ascoltare anche il punto di vista di chi – rimanendo ancorato ad un dato di realtà - afferma ad esempio che maschi e femmine sono diversi, ognuno con una specifica ricchezza e che i figli nascono da un uomo e da una donna ed hanno bisogno di un padre e di una madre.
I bambini non devono mai diventare “merce” venduta per soddisfare il desiderio di coppie omosessuali che, non accettando il proprio limite, scelgono di alimentare il turpe mercato dell’utero in affitto.
Verrà detto agli studenti che parteciperanno al progetto quanto sia elevato il tasso di suicidi tra le persone transgender? Suicidi che avvengono anche in Paesi dove vi è una forte accettazione sociale dello stile di vita lgbt.  
 
Vi sono genitori che comprensibilmente chiedono che le tematiche gender e le istanze del mondo LGBT rimangano fuori dalla scuola.
 
O quanto meno che venga data la possibilità agli studenti di sentire più voci, più posizioni.
 
Verrà fatto? Spero di sì, perché solo in questo modo la scuola mostrerà realmente di essere un luogo formativo e non un luogo di indottrinamento.  
 
Flavio Rozza



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