14/01/2016

Famiglia – Ormai si parla di matrimonio plurale

La famiglia naturale, fatta da padre, madre e figli (e magari nonni) sta ormai stretta a molti.

Uno di questi è il professor Ronald Den Otter, giurista del californiano College of Liberal Arts.

Nel suo ultimo libro, In defense of plural marriage, si domanda se esistono ragioni costituzionali per limitare numericamente il matrimonio.

Su Internazionale, la bioeticista Chiara Lalli ne tesse le lodi, contrapponendo i lumi dell’insigne docente universitario, alla mentalità retrograda dell’Italia, dove ancora si discute sull’opportunità o meno di approvare le unioni civili anche per i gay. Per la Lalli, il ddl Cirinnà è addirittura insufficiente, perché la piena uguaglianza si raggiungerebbe solo ed esclusivamente con il cosiddetto “matrimonio egualitario”, quello omosessuale (con buona pace del principio di uguaglianza, secondo cui realtà e situazioni diverse non possono essere trattate alla stessa maniera).

Tornando a Den Otter, egli prende in considerazione l’idea del matrimonio... plurale. In soldoni: per quale motivo ci si può sposare solo in due? Chi lo ha stabilito? E chi l’ha detto che non si può cambiare? Questioni riguardanti ovviamente il matrimonio civile e non quello religioso.

Secondo la Lalli si tratta di domande utili anche per riscoprire alcuni principi base di ogni sana democrazia liberale. Ma, a parte il fatto che il liberalismo storico mai ha pensato di legalizzare la poligamia o il poliamore, vengono i brividi al solo pensiero che si possa concepire il matrimonio plurale come un frutto del sistema democratico. E se qualcuno pensa si stia solo delirando, sbaglia. Infatti, la poligamia non è un qualcosa di esotico, ma sta diventando una realtà in Occidente (vedi ad esempio qui, qui, qui, qui e qui).

A parere di Den Otter (e della Lalli) in passato c’erano molti comportamenti ritenuti inammissibili che oggi invece sono stati sdoganati, e molte pratiche giustificate che oggi sarebbero perseguibili. Da ciò consegue che l’idea di famiglia e di matrimonio potrebbe essere rivista. Se tutto è relativo, allora, effettivamente, perché imporre la monogamia? Oltretutto in alcune culture non c’è mai stata...

La domanda che il giurista si pone è se ci sono ragioni giuridiche sufficienti per vietare l’ampliamento numerico del matrimonio. E la risposta data è: no, non esistono. Perché, a quanto pare di capire, l’unico principio che conta è non discriminare (ma non si sa bene chi sarebbero i discriminati).

«In una democrazia costituzionale – riporta Chiara Lalli – adulti in grado di intendere e di volere dovrebbero poter sposare più di una persona allo stesso tempo, a meno che lo stato non possa dimostrare che c’è una ragione valida per negare tale scelta. Qualcuno potrebbe sollevare il dubbio che relazioni non monogamiche non siano sane o salutari. Ma, a parte la discutibilità del giudizio, la legge non ha il compito di evitare rapporti personali non sani. Se così fosse, la lista dei divieti aumenterebbe spaventosamente. Le persone possono avere relazioni malate, perfino violente. Non c’è bisogno, sottolinea Den Otter, di essere un libertario per apprezzare la possibilità di permettere alle persone di scegliere liberamente, perché è meglio che a decidere siano i diretti interessati e non qualcun altro – a meno che non sia esplicitamente richiesto».

Da quanto sembra di capire, nella libertà di scelta rientra pure quella di decidere con quante persone sposarsi contemporaneamente. Che poi tale libertà produca una famiglia anarchica, con frequenti scenate di gelosia, con figli senza una guida sicura e con molta, ma molta precarietà relazionale, non importa. Il bene comune è un concetto desueto e sconosciuto. La stabilità sociale pure. Anzi, chi si ostina a ritenere il matrimonio un contratto a due, è certamente schiavo dei pregiudizi, del disgusto, degli stereotipi negativi, di pretese empiriche discutibili, di ipotesi catastrofiste, della paura per le differenze e di visioni religiose controverse.

Alla base di questo bizzarro ragionamento sta un liberalismo sfrenato. È la solita storia del “tu puoi pensarla in un modo, ma non puoi imporre a tutti le tue idee”.

E anche di fronte all’osservazione per cui la poligamia è spesso associata alla violazione dei diritti delle persone più deboli, secondo gli studiosi la soluzione non è vietare ma regolamentare, in modo da eliminare gli eventuali abusi.

Insomma, «Den Otter si augura che prima o poi il matrimonio possa essere un istituto più inclusivo e in grado di offrire garanzie anche a chi immagina la propria famiglia in modo molto diverso da come la immaginiamo noi. Siamo diversi e le nostre diversità non dovrebbero fondare e giustificare discriminazioni legali».

L’importante, quindi, è che ci sia “amore”. Se tutto è matrimonio e famiglia, allora spalanchiamo le porte ad ogni tipo di relazione. Perché proibire le nozze incestuose, pedofile o quelle tra uomini e animali?

Federico Catani

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