14/04/2021 di Luca Marcolivio

ESCLUSIVA - Marina Terragni: «Zan evita il confronto con le nuove femministe»

Un’eventuale legge sull’omotransfobia diventerebbe in primo luogo discriminatoria nei confronti delle donne. I suoi sostenitori, però, non se ne rendono conto o, forse, al contrario, ne sono consapevoli e, proprio per questo, fuggono il confronto. Pro Vita & Famiglia ha affrontato la spinosa questione con Marina Terragni, giornalista, scrittrice e blogger, femminista da sempre.

 

Per quali motivi il ddl Zan è discriminatorio nei confronti delle donne?

«In primo luogo, per via del concetto di identità di genere. È la premessa necessaria al cosiddetto self-id o “autopercezione di genere” che ha già procurato moltissimi problemi dove è in vigore. In Canada già esiste, mentre in Spagna ne stanno discutendo e, in merito, il governo è spaccato. Gli esempi di questo impatto di genere sulle donne sono innumerevoli. Si pensi a quanto è successo in California, dove, in forza della nuova legge sul self-id, quasi 300 detenuti maschi che si autopercepiscono donne, chiedono di entrare nelle carceri femminili, terrorizzando le detenute. In Canada dove questa cosa è già successa, si sono verificate violenze sessuali e addirittura gravidanze e casi di malattie sessualmente trasmesse. Le femministe canadese si sono mobilitate contro tutto questo».

Impressionante… Quali sono le altre ricadute di questo fenomeno?

«Un altro caso sono i corpi maschili coinvolti in competizioni sportive femminili. La sfido a trovarmi un giornale o una trasmissione sportiva che ne parli, eppure alle prossime Olimpiadi la questione potrebbe deflagrare. Poi c’è il problema delle case-rifugio per donne, molto diffuse in paesi come l’Australia o il Canada, dove però non ricevono finanziamenti, perché sono “trans-escludenti”: dovrebbero, cioè, accogliere anche uomini che si dichiarano donne ma non lo fanno. Sempre in base al self-id, vari uomini occupano cariche politiche e, in generale, posti di lavoro, che, in base alle quote rosa, dovrebbero essere riservati alle donne. Anche in questi casi, cresce la percentuale di aggressioni sessuali commesse da uomini che si identificano come donne. E si arriva al paradosso che la BBC parla del caso di una “pedofila”, senza specificare che si tratta di un uomo che si identifica come donna».

Un risvolto importante è l’ideologia gender imposta nei programmi scolastici: è forse questo il vero obiettivo del ddl Zan?

«Qui parliamo del terzo punto critico dell’identità di genere. Ognuno dovrebbe essere libero di decidere l’educazione da dare ai propri figli. Invece, con l’approvazione di una legge contro l’omotransfobia, i bambini e i ragazzi si ritroverebbero in veri e propri giri di propaganda sull’utero in affitto: eppure su questo nessuno fa una piega. Ho appreso con orrore, che alla Camera è stato respinto un emendamento in cui si chiedeva che ogni singolo genitore potesse liberamente decidere sull’educazione. Mi sembrava una norma di puro buon senso».

Nel ddl Zan è stato inserito l’emendamento sulla misoginia. Qual è l’obiettivo?

«Su questo punto, Zan ha le idee molto confuse. Questa inclusione è come “foglia di fico” e la rigettiamo, perché nessuna associazione o gruppo di donne ha mai fatto una proposta di legge contro la misoginia. Ammesso e non concesso che proporremo mai una legge del genere, lo faremo da sole. Faccio inoltre notare un disastro simbolico: le donne non sono affatto una minoranza nel Paese, anzi sono la maggioranza della popolazione. Che le donne vengano incluse tra i cittadini da proteggere da coloro che fanno propaganda all’utero in affitto è qualcosa di insopportabile».

Cosa pensa della strumentalizzazione che è stata fatta sul caso Malika?

«Direi che non c’entra moltissimo con il ddl Zan. Sono rimasta stupefatta che nessuno abbia fatto notare che la famiglia di quella ragazza è musulmana. Invece dovrebbe essere una delle chiavi di lettura di questa brutta storia, specie nelle parole del fratello che l’ha minacciata, dicendole: “Ti taglio la gola”. È probabile che Malika avrebbe potuto trovarsi in una situazione simile, anche se avesse portato a casa un fidanzato non gradito».

Ovviamente i casi di strumentalizzazione sono stati molti altri…

«Se certe categorie di cittadini chiedono una tutela, non vedo perché debba essere loro negata. Il problema è quando arrivano avvertimenti del tipo: “Bisogna essere prudenti quando si parla”. Il problema è che non si potrà più dire che l’utero in affitto è una barbarie. Ricordo che io sono stata querelata dall’avvocato Alexander Schuster della Rete Lenford per aver raccontato un episodio, riportando un virgolettato senza commenti, né giudizi, né tantomeno insulti. Il caso è stato poi archiviato ma se già oggi si rischia una querela per una cronaca del tutto veritiera e non diffamante, provo a immaginarmi cosa potrebbe succedere con una legge anti-omofobia vigente. A quei pochi del PD che sanno ascoltare, ho detto: fate un fondo a tutela di tutti quelli che verranno querelati grazie alla vostra legge. Mi auguro che, nel caso in cui il ddl andrà in commissione in Senato, potremo essere audite. Però, proprio perché sanno che così com’è, il ddl non va bene, rifiutano ogni confronto o dibattito. Zan ha parlato con calciatori e astronauti ma con le nuove femministe mai… So che ha evitato tutte le situazioni in cui sapeva che noi ci saremmo state. Ha sempre imposto: “o me o loro”. Chi fa così, dimostra di non avere argomenti e di aver paura di confrontarsi. Dato che però la legge la fa per tutti i cittadini italiani, Zan è tenuto a misurarsi con tutti. Come legislatore, non può non tenere conto delle obiezioni che, in un processo democratico, gli vengono mosse, da qualunque parte provengano».




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