27/03/2020

Covid-19, eutanasia con “Telemorte” e malati soli

È vergognoso abbandonare anziani, malati, disabili e depressi al loro dolore e lasciarli con una sola opzione: “scegliere” di morire, per evitare di affrontare la sofferenza in solitudine e senza cure.

È vergognoso chiamare “compassione” questa opzione che ai sofferenti viene presentata su un piatto d’argento: l’eutanasia. L’obiettivo di questa pratica è uno: disfarsi di tutti quelli che vengono considerati “pesi sociali”, perché “improduttivi”, come se la loro dignità umana venisse meno al venir meno di certi presunti canoni di “perfezione”.

Così, in tempo di emergenza sanitaria per via del coronavirus, l’eutanasia non si ferma, ma si trasforma. Di somministrarla dal vivo secondo alcuni non se ne parla, per evitare il contagio. E allora, «l'approvazione del suicidio assistito e la prescrizione di droghe letali» si affida alla “telemedicina”, spiega La Nuova Bussola Quotidiana.«“Compassion and Choice”, una delle più attive organizzazioni pro eutanasia del Canada, ha chiesto, nella sua ultima newsletter di raccolta fondi, di poter attivare l'“eutanasia remota” o "teledeath". […] Ciò significa che una persona potrebbe essere autorizzata a morire assumendo farmaci letali, senza essere esaminata o persino incontrare il medico prescrittore della propria morte».

Facile e veloce, così vogliono far sembrare l’eutanasia e il suicidio assistito. Ma insomma, non ci vuole certo una laurea per capire che, se una tale offerta giunge ai più vulnerabili, questi si sentiranno più facilmente spinti a togliersi di mezzo.

E questa sarebbe l’offerta di una morte dignitosa? Sarebbe forse un trattamento dignitoso per un essere umano: lasciarlo solo a soffrire e ad affrontare gli ingenti costi delle cure e facilitarne solo la morte?

No. L’amore, la vicinanza e l’assistenza necessaria sono le vere risposte dignitose al dolore umano. Perché l’eutanasia non è “compassione”, è abbandono; non elimina la sofferenza, ma il sofferente.

 

di Luca Scalise

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