13/04/2023 di Fabrizio Cannone

Bagni unisex e carriera alias in un liceo di Pordenone

Non c’è niente da fare. L’antiscientifica teoria del gender continua come un rullo compressore a schiacciare tutto ciò che le fa ostacolo: la biologia prima di tutto, ma anche il buon senso e infine la stessa libertà di pensiero.

L’ultimo caso al liceo Grigoletti di Pordenone che, come riportato da Il Gazzettino, ha appena abbracciato «una rivoluzione che farà discutere». Infatti, la preside Ornella Varin, ha comunicato agli studenti che in un piano dell’istituto «ci saranno bagni unisex».

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Ovvero, come spiega la dirigente, «i servizi igienici riservati agli studenti situati al primo piano saranno utilizzabili da tutti, senza distinzione di genere». Mentre i servizi degli altri piani «continueranno invece ad essere separati per genere».

«Chi vorrà continuare ad utilizzare i servizi in modo se vogliamo tradizionale potrà continuare a farlo», ha aggiunto. Se però «la novità sarà apprezzata, potremo estenderla».

Tutti accontentati quindi, o tutti ingannati? Il genere diverso da quello biologico maschile o femminile, infatti, non esiste in natura, è una costruzione ideologica per correggere la semantica e bypassare la biologia.

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Per non fare poi le cose a metà la stessa dirigente, che non ha interrogato né gli alunni né i genitori sulla sua piccola rivoluzione, ha aperto a quella follia dal volto umano che si chiama “carriera alias”. La quale prevede che uno studente o una studentessa possano usare un altro nome – quello scelto – anche sul registro della scuola.

A quanto emerge, la doppia decisione della Varin sarebbe stata fatta per «rispettare l’identità sessuale di chiunque». Ma questo è falso. Andrebbe detto che è stata fatta ignorando e non rispettando l’identità sessuale degli studenti i quali sanno benissimo che si nasce maschi o femmine. A prescindere dalle propensioni che in seguito si possono avere.

Il bagno differenziato è sempre stato un segno di civiltà, a protezione della donna dagli sguardi indiscreti dell’uomo e per il rispetto della reciproca privacy e del reciproco senso del pudore.

Con il bagno unisex la preside ha cancellato la protezione della popolazione studentesca femminile, facendo capire, tra l’altro, che la biologia che si studia in classe è una barzelletta. Perché allora, se essa non conta nulla, le presidi come lei e tutte le docenti vanno in pensione prima degli uomini che svolgono lo stesso lavoro? Dietro il mito del progresso, si torna alla tribù.

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Stabilire poi che il singolo studente, magari anche minorenne, possa decidere il proprio nome, «diverso da quello dell’anagrafe», è grave, illegale e fonte di disprezzo della legge. Se uno studente che si chiama Mario Rossi può scegliere di farsi chiamare Maria, perché non potrebbe farsi chiamare Antonio? Così è, se vi pare, direbbe Pirandello: ma la società e la scuola non sono teatri.

Sembra mettere le mani avanti la preside Varin, che teme «un vespaio» di polemiche, ma comunque si dichiara «prontissima» a difendere le sue discutibili scelte. Il brutto dell’ideologia gender è di far sentire buoni e coraggiosi coloro che in suo nome azzerano l’identità sessuale, minano la pace sociale e la sicurezza, anche psicologica, degli altri.

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