22/06/2021 di Manuela Antonacci

Audizioni ddl Zan, Assuntina Morresi: «Vogliono imporre una nuova visione antropologica»

Proseguono, in Commissione Giustizia, al Senato, le audizioni informali sul disegno di legge Zan sull’omotransfobia. Tra gli esperti ascoltati, la scorsa settimana è stato il turno di Assuntina Morresi, docente di Chimica Fisica presso il Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie dell’Università degli Studi di Perugia, e membro del Comitato Nazionale per la Bioetica, organo di consulenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri. A Lei, Pro Vita & Famiglia ha rivolto alcune domande sulle criticità di questo disegno di legge.

 

Nella sua audizione al Senato, per sottolineare l’ambiguità del termine “genere” contenuta, nel ddl Zan, Lei ha fatto riferimento alla copertina dell’Espresso, icona della persona transgender. Ci spiega perché?

«Perché per una proposta di legge veramente a tutela delle persone che sono discriminate o sono oggetto di odio, da parte di chi non tollera un orientamento sessuale diverso, mi sarei aspettata una copertina con due persone dello stesso sesso in atteggiamenti affettuosi, o immagini che riportano violenza nei confronti di queste persone o intolleranza. Quando, invece, un giornale così significativo come l’Espresso mette in copertina, come immagine rappresentativa della proposta di legge, una donna incinta, quindi chiaramente donna dal punto di vista biologico, ma che si identifica come uomo perché ha i peli, ha la mastectomia evidente, allora vuol dire che quello è il punto centrale della legge, e che non stiamo parlando di una legge che contrasta l’odio verso persone che hanno orientamento sessuale diverso. Io nell’audizione ho voluto fare una sottolineatura della differenza fra orientamento sessuale e identità di genere. L’orientamento sessuale scompare anche concettualmente nel momento in cui abbiamo una persona, per esempio come quella dell’Espresso, donna, con dei tratti distintivi della donna, ma che si identifica chiaramente come uomo, con dei tratti distintivi dell’uomo, quindi che disegna un essere umano nuovo: di una persona così caratterizzata, transgender, non ha senso chiedersi se è omosessuale o eterosessuale. Questo è il punto di arrivo, allora parliamo di questo, però, non parliamo di altro».

Infatti, nel suo intervento ha fatto anche riferimento ai bloccanti della pubertà che diventerebbero la norma se passasse il ddl…?

«Non voglio dire questo, non è questione di norma. Il fatto che siano delle minoranze a ricevere questi trattamenti non significa che ci stiamo trovando di fronte a un fenomeno culturalmente minoritario. Quello che io dico è che questi trattamenti rientrano nella visione dell’umano segnata dalla identità di genere. Se si pensa che la natura umana è caratterizzata non sul modello binario (maschio/femmina) ma da uno spettro continuo di identità di genere, allora è chiaro che questa natura si deve esprimere a qualunque età, e di conseguenza si cerca di anticipare la transizione qualora si manifestino certi disagi o percezioni di sé. Io dico solo che questo tipo di trattamenti hanno un suo perché in questo orientamento culturale: sono dei trattamenti presentati come cura per la disforia di genere, ma riconducibili ad un modello antropologico di cui dobbiamo essere consapevoli. Qui in ballo non c’è né la medicina né la violenza, ma un nuovo modello antropologico di cui dobbiamo essere consapevoli e su cui dobbiamo almeno poter discutere».

Siamo dunque oltre la tutela degli omosessuali dalle violenze?

«Sì, perché per quello ci sono già delle leggi che proteggono dalla violenza. E noi siamo contro tutte le violenze: circola in questi giorni in rete la frase “Io non voglio insegnare ai bambini che non si picchiano e non si insultano gli omosessuali, io voglio insegnare ai bambini che non si picchia e non si insulta nessuno”, a maggior ragione chi è più fragile, più vulnerabile, chi non si può difendere. Punto. Non faccio categorie. Se ci fosse un’evidenza dell'emergere di violenza verso una minoranza, dovremmo prendere provvedimenti, ma non è questa la posta in ballo. La copertina dell’Espresso è un esempio. Ma anche Marilena Grassadonia, ex-presidente di Famiglie Arcobaleno, alla manifestazione di Milano a favore del ddl Zan ha detto che questo ddl è solo l’inizio, e che poi verranno la fecondazione assistita alle donne single, l’utero in affitto e via dicendo. Non è in ballo l’orientamento sessuale: quello è stato già affrontato con le unioni civili, quando si sono riconosciute le convivenze fra persone dello stesso sesso. Per quanto riguarda questo ambito, è significativo che negli altri paesi sono tornati indietro sui bloccanti della pubertà, e non sul matrimonio omosessuale: come la Svezia, ad esempio, idem l’Inghilterra. Vuol dire che è un vulnus particolare, rientra in una nuova visione dell’umanità che si apre con l’identità di genere. È un qualcosa che sta all’interno di una visione antropologica ben definita: una minoranza come numero di persone coinvolte, le persone transgender, che però cambia l’orientamento culturale generale. È una minoranza ma non è minoritaria. Quindi io voglio discutere di quello che realmente c’è in ballo, e devo poterlo fare con serenità e apertamente».

Secondo Lei, il ddl Zan potrebbe acuire le tensioni sociali?

«Secondo me sì, poiché il reato che si definisce è basato sulla definizione della identità di genere, un fatto totalmente soggettivo, centrato sulla percezione di sé, e la sua interpretazione è lasciata alla discrezionalità del giudice. Una persona potrebbe sentirsi offesa in tanti modi, perché l’identità di genere ha un riscontro solo soggettivo: a questo punto, per essere sicuri di non incorrere nelle sanzioni penali, non può che scattare un atteggiamento di autocensura, un clima di non libertà. Che però non può durare a lungo in società comunque basate su regole democratiche: suscita reazioni e rabbia, tensione sociale. Proprio perché vogliamo evitare ogni forma di violenza, nella società, dobbiamo poter discutere apertamente di quello che c’è in ballo, a partire dalla copertina non casuale dell’Espresso».




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