18/05/2023 di Fabrizio Cannone

A Roma corsi gender obbligatori per insegnanti

Il 9 maggio dalle 15.45 alle 18.30 si è tenuto un corso di formazione per gli educatori di Roma, con lo scopo, fantasioso se non orwelliano, di “de-costruire gli stereotipi di genere ed educare alle emozioni e alle relazioni”. In pratica, i maestri vengono formattati secondo gli stereotipi del gender, con lo scopo di trasmettere quella velenosa “colonizzazione ideologica”, come la chiama il Papa, ad ignari bambini delle scuole.

Il corso è stato seguito in presenza e on line da molti maestri degli asili e dei nidi della Capitale, basti pensare che il video su Youtube (con link privato) ha totalizzato oltre 13mila visualizzazioni. Le relatrici erano tutte di area “trans-femminista”, il che è già una pura contraddizione in termini.

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Lo scopo dei questi corsi, dietro la cortina fumosa del “rispetto della diversità” e della lotta ai “pregiudizi” (quali?), è il medesimo dell’ideologia negazionista del gender. Ovvero la negazione della scienza e della biologia, giudicate superate, e l’abolizione delle differenze sessuali e psicologiche tra gli individui. In nome della fluidità, della stranezza (queer vuol dire strano), dell’auto-determinazione e di una cultura pseudo-umanistica, in realtà tanto anti-umanistica quanto nichilista.

Maria Chiara Iannarelli, consigliera alla Regione Lazio per Fratelli d’Italia, ha dato l’allarme dichiarandosi preoccupata per questo pericoloso «corso obbligatorio, rivolto agli educatori dei nidi e scuole d’infanzia della Capitale».

Il seminario di aggiornamento (e di indottrinamento), come ha sottolineato la vice-presidente dell’Associazione articolo 31, è stato promosso dal Comune di Roma guidato dal sindaco Roberto Gualtieri e «tenuto da attivisti del mondo transfemminista e Lgbt».

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Il trans-femminismo, tanto per essere chiari, non è il “femminismo dei trans”, ma è la distruzione del femminismo tradizionale, voluta e fondata sulla negazione della differenza tra uomo e donna. Con la logica impossibilità di difendere le donne in quanto donne, perché se tutti possono essere donna, la donna come tale non esiste. Il che, comprensibilmente, non va giù alle femministe storiche più autentiche, come Marina Terragni e tante altre, ribattezzate con disprezzo “terf” dalla neo-lingua del potere.

Le lobby Lgbt, del resto, non sono il “partito dei gay”, come si vorrebbe far credere, ma sono gruppi di potere ben organizzati, finanziati e protetti. I quali non sono eletti democraticamente dai cittadini di orientamento omosessuale, ma si autoproclamano paladini di diritti a geometria variabile.

«Nelle scuole - continua la responsabile del dipartimento famiglia di FdI - va insegnato sempre il rispetto». Ma questo rispetto non può contenere il rischio «di favorire condizionamenti sui bambini». Adoperandosi affinché, per decostruire i presunti stereotipi di genere, «non si identifichino più nei dati biologici maschile e femminile».

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I sessi, in altre parole, sono due e vanno entrambi equamente stimati e rispettati, e non presentati, come viene fatto nei corsi di indottrinamento gender, come «pericolosi stereotipi da destrutturare».

Giustamente, aggiunge sempre Iannarelli, i bambini meritano attenzione e proprio «le scienze dell’educazione dimostrano» l’importanza e la necessità «di modelli precisi, come quello della differenza sessuale». Il padre infatti non è la madre, e la maestra non è il maestro.

Un tema come l’omosessualità, poi, non è certo un argomento da trattare a scuola, né tantomeno con minorenni e bambini dell’asilo o delle elementari. Anche perché, per parlare di omosessualità, occorre parlare di sessualità: e il luogo a ciò deputato è la famiglia.

Auguriamoci, dunque, che non si imponga, di fatto, un modello unico e dogmatico di pedagogia infantile, succube della teoria del gender, della negazione della scienza e dei pregiudizi del pensiero unico, relativista e pansessualista.

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