11/11/2022 di Luca Marcolivio

A Lecco gender promosso dal Comune. Zamperini (FdI): «Evidente intento indottrinante»

L’indottrinamento gender nei Comuni italiani colpisce ancora. Stavolta è il caso di Lecco, dove la giunta di centrosinistra ha patrocinato e finanziato con 2000 euro un corso di formazione in tre sessioni programmate in tre sabati diversi (12 novembre, 26 novembre, 17 dicembre). Il tema è "Accompagnare tutte le differenze" ed è promosso dall’associazione Renzo e Lucio (chiara allusione ai protagonisti dei Promessi sposi, in chiave LGBT+), con la collaborazione della rete RE.A.DY, che fa da network tra tutti i comuni impegnati contro l’omotransfobia nei suoi vari risvolti.

Il corso è rivolto al «personale socio-educativo del Comune di Lecco che quotidianamente lavora a contatto con i giovani». Si presume che la perifrasi stia ad indicare in modo particolare la categoria degli insegnanti. L’obiettivo indicato nella locandina è: «Sviluppare conoscenze e competenze sulle varie componenti della sessualità in relazione all’orientamento sessuale e all’identità di genere. Accrescere la capacità di riconoscere gli atteggiamenti e i pregiudizi che possono interferire sia nella relazione educativa ed assistenziale con utenti LGBT+, sia nelle relazioni fra pari».

Come spiegato a Pro Vita & Famiglia dal consigliere comunale d’opposizione Giacomo Zamperini (Fratelli d’Italia), in questa operazione ci sono troppe cose non quadrano.

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Zamperini, in cosa consisterebbe il corso Accompagnare tutte le differenze?

«Sarebbe rivolto a quei dipendenti del Comune di Lecco, che si occupano dei giovani, dei fragili e di tutte le persone coinvolte da un disagio legate alla discriminazione di genere. Nulla da dire sulla prevenzione della discriminazione, che ci vede perfettamente d’accordo. Quello che ci ha destabilizzato, al di là del piccolo contributo economico fornito dal Comune, è il fatto che sia stata individuata soltanto un’associazione che, per intenderci, organizza il Pride a Lecco. Tra l’altro, da come si presentano, più che incontri di formazione, mi sembrano eventi politici. Il 26 novembre, ad esempio, si tiene un seminario sul tema Identità di genere: la questione della sessualità che non può più essere ristretta nel binarismo di genere. Viene da chiedersi: chi è che decide che la sessualità non può più essere ristretta nel “binarismo di genere”? Sembra più il titolo di un convegno dell’Arcigay che di un corso di formazione rivolto a dei dipendenti pubblici. La cosa ci ha fatto storcere il naso: manca la pluralità delle opinioni, un punto di vista diverso. Quello che è stato presentato come un incontro formativo per prevenire le discriminazioni rischia di essere un incontro indottrinante che può lasciare strascichi di tipo professionale. Il primo incontro è intitolato Le persone LGBT+: una realtà da conoscere tra problemi risolti e questioni giuridiche ancora aperte. Sembrerebbe che con “questioni giuridiche ancora aperte” si faccia riferimento alla bocciatura del ddl Zan. Se questi incontri servono per formare insegnanti, psicologi, assistenti sociali per la formazione alla non discriminazione delle persone omosessuali o transessuali, la cosa mi vede perfettamente d’accordo. Qui però si va oltre, si tenta di mascherare da corso di formazione quella che è una scelta ideologica da parte di un’amministrazione che cerca di indottrinare i propri dipendenti».

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In qualità di consigliere d’opposizione, lei ha espresso il suo punto di vista?

«Ho fatto un intervento in aula, chiedendo spiegazioni all’assessore competente, il quale ha confermato l’impegno del Comune, aggiungendo che quest’anno sono stati dati 2000 euro ma che l’intenzione dell’amministrazione è fare sempre di più. Ribadisco: il problema non è la lotta alla discriminazione ma tutto ciò che ne viene dopo. Sembra quasi, per essere chiari, che, siccome all’interno di un civile confronto politico, siamo riusciti a impedire l’ingresso delle teorie del gender nelle scuole, le associazioni LGBT+ abbiano predisposto una strategia alternativa: spiegare la loro posizione agli operatori scolastici, i quali, a loro volta, la trasmetterebbero agli utenti. La cosa ancor più grave è che questa iniziativa viene portata avanti di nascosto: le famiglie hanno a che fare con un operatore formato e, aggiungerei, “indottrinato”, il che sarebbe una cosa davvero grave. Per evitare questo rischio, abbiamo chiesto se sia possibile aprire questi corsi a chiunque, anche, ad esempio, al consigliere Zamperini che vuole andare lì ad ascoltare, perché l’obiettivo è quello di formare e di rafforzare alcune condizioni giuridiche e prassi utili a tutti. Suggerisco quindi di aprire questi corsi al pubblico, per dare anche noi la possibilità di testimoniare ed eventualmente contrastare».

Sarebbe possibile, a suo avviso, «accompagnare tutte le differenze», senza con questo promuovere iniziative di chiara marca LGBT+?

«Se in uno di questi corsi, fosse stato proposto lo stesso identico tema, invitando anche un’associazione come Pro Vita & Famiglia, con una discussione aperta e accesa, pensate cosa sarebbe successo… Mi viene da dire che, in questo momento in cui l’emergenza più grande è la denatalità, probabilmente sarebbe più opportuno formare i Comuni su come intervenire a sostegno della vita, favorendo le famiglie numerose, ascoltando coloro che hanno delle fragilità anche di tipo economico e indirizzandoli su iniziative come il Progetto Gemma. Forse alle amministrazioni comunali sarebbero più utili questo tipo di proposte. Non è qui il caso di dire “ci sono altre priorità” (anche se lo penso…). La vera questione è che questi temi andrebbero portati avanti nell’interesse di tutti, evitando di diventare un’occasione per indottrinare con i soldi dei cittadini. Sarebbe una forma di proselitismo subdolo e scorretto. Ok, quindi, alla formazione contro la discriminazione; no all’indottrinamento, nemmeno attraverso la formazione degli insegnanti e degli educatori».

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