La giornata di oggi non passerà certo alla storia come un momento di gloria per Ursula von der Leyen. E’ vero che la mozione di sfiducia nei suoi confronti è stata bocciata (175 sì, 360 no e 18 astenuti) ma è altrettanto vero che in 50 anni di storia comunitaria prima di lei vi era stato solo un altro tentativo di sfiduciare un presidente della Commissione Europea: capitò nel 2014 a Jean-Claude Juncker, coinvolto in uno scandalo finanziario risalente al suo precedente incarico di primo ministro lussemburghese. In quell’occasione, Juncker si salvò, grazie a soli 101 voti favorevoli alla mozione di sfiducia nei suoi confronti su un totale di 650 eurodeputati.
La mozione
L’attuale presidente della Commissione UE è stata nel mirino di una mozione a causa del cosiddetto “Pfizer-gate”, ovvero i rapporti poco trasparenti intrattenuti dalla presidente della Commissione con i vertici della casa farmaceutica, in occasione dell’autorizzazione dei vaccini anti-Covid. Mozione, nel dettaglio, presentata dall’europarlamentare Gheorge Piperea, membro dell’Alleanza per l’unità dei rumeni (Aur), partito di destra radicale, associato a Bruxelles ai Conservatori e Riformisti (Ecr), di cui fa parte anche Fratelli d’Italia. Il partito di Giorgia Meloni, tuttavia, aveva già fatto sapere nei giorni scorsi che si sarebbe dissociato dalla mozione: sono note, infatti, le buone relazioni della premier italiana con la prima inquilina di Bruxelles, avendo quest’ultima appoggiato l’ingresso nell’esecutivo europeo dell’attuale commissario Raffaele Fitto.
Perché, al di là del caso Pfizer, non è una buona notizia
Il punto cruciale - che interessa i nostri lettori e il mondo pro life - è però un altro. Al di là, infatti, del caso Pfizer (e in generale delle ultime fosche decisione di von der Leyen, come esautorare il Parlamento sulla decisione del riarmo dell’Unione Europea), il fatto che la Presidente sia rimasta in sella è una brutta notizia proprio per il mondo pro life per le tante - troppe! - storture e posizioni ideologiche di cui proprio von der Leyen si è resa protagonista in tutti questi anni.
Pfizer e riarmo, infatti, sono solo la punta di un iceberg ideologico molto più grande, pericoloso e preoccupante. Come più volte denunciato da Pro Vita & Famiglia, infatti, von der Leyen ha perorato apertamente la causa dell’aborto e dell’ideologia LGBT+, contraddicendo apertamente la sua appartenenza ai cristiano-democratici tedeschi e al Partito Popolare Europeo, dove – pur senza troppo vigore e convinzione – prevale ancora un approccio favorevole alla vita e alla famiglia.
Anni di propaganda Lgbt e abortista
Ebbene, tanto per fare alcuni esempi di questi anni, ricordiamo che nell’estate 2022 Ursula von der Leyen appoggiò la mozione – poi approvata a netta maggioranza (324 favorevoli, 115 contrari e 38 astenuti) – che impegnava il Parlamento Europeo a definire l’aborto come un diritto umano, condannando contestualmente la decisione presa qualche settimana prima dalla Corte Suprema degli Usa, che restituiva ai singoli Stati la facoltà di emettere restrizioni alla pratica dell’aborto stesso. In precedenza, la presidente della Commissione aveva ammonito la Polonia per le sue politiche pro-life, rinfacciando all’allora governo conservatore di aver fatto «marcia indietro» sui «diritti delle donne».
Inoltre, von der Leyen è sempre stata una simpatizzante dei movimenti Lgbt+ e, a più riprese, non ha mancato di redarguire pesantemente l’approccio - “agli antipodi” sullo stesso tema - del premier ungherese Viktor Orban. A riguardo, nel 2021, definì «vergognosa» la nuova legge magiara che metteva sullo stesso piano omosessualità e pornografia, offrendo così, a suo avviso un «pretesto per discriminare». Nel giugno 2021, in occasione del Pride di Berlino, von der Leyen scrisse su X (allora Twitter): «il Pride non è un giorno. Il Pride non è un mese. Il Pride è al centro dei nostri valori europei». Più di recente, nel 2024, la presidente della Commissione UE, pur ribadendo la sintonia di vedute su molti temi con Giorgia Meloni, si sentì in dovere di precisare di avere un «approccio completamente diverso» sui temi Lgbt+ rispetto alla premier italiana. Prima ancora, nel 2020, Ursula von der Leyen si schierò subdolamente a favore dell’utero in affitto, affermando che «chi è genitore in un Paese deve poter esserlo in tutti i Paesi membri» dell’UE. E in ultimo, ma non per importanza, proprio pochi giorni fa la Presidente è tornata a schierarsi contro il premier ungherese Orban, sollecitandolo a «revocare qualsiasi limitazione e consentire senza timore di sanzioni» lo svolgimento del gay Pride di Budapest.
Pro Vita & Famiglia continuerà a vigilare
Una presidenza, la sua, che ha quindi rappresentato una delle stagioni più ideologiche della storia dell’Unione e per questo Pro Vita & Famiglia onlus continuerà, attraverso il proprio Dipartimento dell’Unione Europea, a monitorare ogni provvedimento, ogni strategia e ogni documento proveniente da Bruxelles e Strasburgo, per denunciare pubblicamente derive ideologiche e proporre alternative fondate sul rispetto della dignità umana, della libertà dei genitori, della verità scientifica e del diritto naturale. La missione della onlus non cambia, ma anzi si rafforza: proteggere la vita nascente, tutelare i bambini e le famiglie, garantire libertà educativa e costruire una società davvero giusta e umana. Ancora di più anche in Europa.