17/11/2018

Usa, altro che gay e femministe. Con Trump vince il partito della vita

Nei giorni scorsi i grandi media hanno cercato, evidentemente imbarazzati, di non dare troppo peso alla cosa, ma la verità è che le elezioni statunitensi di midterm sono state un successo per Donald Trump. Infatti, mentre di solito i presidenti in carica escono da questo appuntamento elettorale con le ossa rotte, politicamente parlando, si capisce, il tycoon è riuscito in un’impresa che solo cinque volte si era ripetuta nel corso degli ultimi 105 anni di storia americana: quella di aumentare i seggi del proprio partito nell’ala più importante del Congresso, quella del Senato, rafforzandone il controllo. Basterebbe questo per farsi un’idea della faziosità di quei mass media che fino a pochi giorni fa descrivevano The Donald come un politico sull’orlo dell’abisso.

C’è però un altro dato, sempre con riferimento alle elezioni di midterm, che merita una riflessione e concerne il fatto che l’ottimo risultato di Trump, ottimo soprattutto alla luce dei precedenti, è anche il risultato di un presidente pro life, che ha voluto dare una chiara impronta antiabortista al proprio mandato. Come dimenticare, infatti, il fatto che Trump sia intervenuto coraggiosamente (cosa mai fatta da un inquilino della Casa Bianca) alla March for Life con un messaggio elogiante la vita e ogni «nuova madre che culla il suo meraviglioso, innocente, glorioso neonato nelle sue braccia amorose»? E come dimenticare, ancora prima, il passaggio del suo discorso d’insediamento in cui il neoeletto presidente affermava che, indipendentemente da dove nascano i bambini, a Detroit o nel Nebraska, tutti guardano lo stesso cielo stellato americano, e ricevono il respiro della vita dallo stesso Creatore Onnipotente?

Per non parlare dei tagli federali disposti, sulla scia di Ronald Reagan, sia alle cliniche che praticano l’interruzione di gravidanza, sia a quelle che forniscono consulenza alle pazienti, come quelle dell’ultra abortista Planned Parenthood, l’organizzazione no profit che fornisce formalmente servizi per la salute ma nei fatti promuove la pratica abortiva in tutte le sue forme. Ebbene, queste ed altre iniziative sono risultate premiate dagli elettori non soltanto perché Trump ha superato alla grande il test elettorale, ma anche perché da questo appuntamento sono risultati vincenti almeno tre esponenti del Grand Old Party pro-life, che hanno strappato al Senato importanti seggi, appalto storico dei democratici: Josh Hawley nel Missouri, Mike Braun nell’Indiana e Kevin Cramer nel Nord Dakota.

Si tratta di nomi che ai più, comprensibilmente, ancora non diranno molto, ma dietro ai quali si celano degli appassionati difensori della vita nascente che daranno certamente battaglia per ridimensionare la legge a favore dell’aborto. Il bello è che tutto ciò, grazie alla nuova composizione pro life della Corte Suprema, non potrà che favorire una svolta antropologica non solo americana, ma globale, antiabortista che fino a pochi anni fa, regnante Obama, pareva impossibile ma che invece oggi, giorno dopo giorno, sembra essere sempre più a portata di mano. Certo, meglio restare cauti e non brindare prima del tempo. L’esperienza stessa consiglia prudenza.

Tuttavia, non si può davvero tacere quello che i grandi media seguitano a ignorare, vale a dire il fatto che con Donald Trump sta affermandosi non solo un’America lontana dalle istanze progressiste ed Lgbt tanto care ai democratici, ma anche un Paese convintamente antiabortista. Un Paese che era dato per estinto insieme ai suoi valori, ma che invece sta rialzando la testa e potrebbe dare alla storia yankee e non solo una direzione ben diversa – per non dire opposta – da quella che, solo fino a poco tempo fa, sembra dovesse per forza imboccare.

Giuliano Guzzo

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