27/07/2022

Un altro bacio gay in un cartone animato. Questa volta su Netflix

Il mondo dei cartoni animati ci ricasca e dopo la Disney ora anche Netflix propone, nella stagione in corso – la quinta – di Jurassic World: Camp Cretaceous, un bacio tra due donne. In particolare tra «due protagoniste queer».

Per la dotta Treccani queer è un «termine anglosassone che sta per "strano", "bizzarro", e a sua volta deriverebbe dal tedesco quer, "diagonale", "di traverso"». Tutto chiaro? Purtroppo no, perché si è si può essere strani e bizzarri solo in rapporto a un contesto. E in un contesto di stranezza generalizzata, queer potrebbe anche addirittura essere il cittadino fedele alla biologia, all’identità e alla natura.

Ma torniamo alla serie animata figlia del mondo di Jurassic Park, prodotta congiuntamente appunto da Netflix con Universal Pictures, Amblin Entertainment e DreamWorks Animation. Tra Yaz (Yasmina) e Sammy, le due figure queer del cartone, «è presto nata una amicizia, ora evolutasi in altro», come riportano alcuni organi di stampa pro Lgbt. Così, «negli episodi finali della stagione» le due protagoniste «condividono il reciproco amore». E questa, quindi, sarebbe la prova che Jurassic World «ha virato verso l’inclusione e la rappresentazione LGBTQ+».

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Un cambio di rotta che segna l’allineamento proprio ai dettami Lgbt, seguendo l’esempio dei colleghi della Disney, che negli ultimi mesi hanno proposto sempre più personaggi e storie a sfondo omosessuale. Pensiamo, infatti, ai cartoon quali “Baymax”, “La Famiglia Proud: Più Forte e Orgogliosa” e “The Owl House”, per non parlare dell’ormai famigerato bacio gay presente in “Lightyear – La vera storia di Buzz”, trasmesso in tutti i cinema lo scorso giugno. Ed ora, dunque, grazie a “Jurassic World: Camp Cretaceous” si è potuto ammirare quel falso progresso dato dal primo personaggio dichiaratamente queer della saga giurassica.

Una vera e propria genuflessione, dunque – l’ennesima - verso una delle lobby più potenti, ricche e “orgogliose” del Pianeta. Sempre intenta a colonizzare la cultura e l’immaginario collettivo, a partire dalla più tenera età. Salvo poi strepitare e inventare fobie se questo non avviene e magari qualche regista, attore, sportivo o intellettuale reagisce alla esasperante tirannia del pensiero unico.

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