22/02/2017

Transgender: malati o no? Terapia o chirurgia estetica?

«Se l‘intervento chirurgico  di riassegnazione del sesso chiesto dai transgender è la risposta, qual è la domanda?», si chiede Michael Cook su Bio Edge.

L’operazione chirurgica di riassegnazione del sesso è un trattamento sanitario, certamente. Ma che tipo di trattamento è? E’ una terapia per una malattia che deve essere fornita al transgender  solo su parere conforme di uno psichiatra? O è un “miglioramento biomedico”, che il transgender può scegliere autonomamente, anche contro l’eventuale parere del medico, come un qualsiasi intervento di chirurgia plastica a fini estetici?

Geoffrey Yeung,  dell’ Oxford Human Rights Hub, e il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, Juan E. Méndez, sostengono addiritttura che la trafila medico – psichiatrica cui si devono sottoporre i transgender prima di potersi sottoporre all’intervento sia una forma di tortura. Secondo loro l’intervento chirurgico e gli ormoni vanno somministrati a chi ne fa richiesta e senza discutere  (in Italia, se passa il disegno di legge sulle DAT che – per come è congegnato – pone il medico in condizione di dover eseguire le “disposizioni” del paziente, questo sarà senz’altro possibile).

La risposta a questa domanda teorica ha conseguenze pratiche. Se è una terapia, allora il transgender è un malato. Se è un miglioramento biomedico (come qualsiasi operazione di chirurgia plastica) allora non dovrebbe  essere finanziato dal Servizio Sanitario Nazionale (in Italia il SSN paga per la riassegnazione del sesso).

Altrimenti, per il principio di uguaglianza, ci potremmo tutti fare il lifting (o il seno), a spese della collettività.

In un articolo molto interessante nel Journal of Medicine and Philosophy , Tomislav Bracanovic, dell’ Università di Zagabria, in Croazia, analizza le concezioni concorrenti.

E rileva che con l’intervento di chirurgia plastica ai genitali, e anche con le terapie ormonali che lo precedono, non migliora la salute in senso tecnico del transgender. Al limite si potrebbe pensare che migliori la qualità della vita delle persone interessate.

Il che nel breve periodo può anche essere vero. Ma ci sono stati troppi pochi studi a lungo termine sulla qualità della vita dei transgender dopo l’operazione.

La maggior parte dei soggetti, anche di quelli che hanno assunto solo gli ormoni senza ricorrere alla chirurgia, dopo un po’ “scompaiono misteriosamente” alle indagini statistiche. Walt Heyer ci ha spiegato più volte perché.

Redazione

 

 


Segnalate alla nostra Redazione (qui i contatti) la vostra Buona Notizia! Può essere un articolo ripreso dal web o una vostra testimonianza... la condivideremo con tutti i Lettori!



AGISCI ANCHE TU! FIRMA LE NOSTRE PETIZIONI

NO all’eutanasia! NO alle DAT!

#chiudeteUNAR


Questo articolo e tutte le attività di Pro Vita & Famiglia Onlus sono possibili solo grazie all'aiuto di chi ha a cuore la Vita, la Famiglia e la sana Educazione dei giovani. Per favore sostieni la nostra missione: fai ora una donazione a Pro Vita & Famiglia Onlus tramite Carta o Paypal oppure con bonifico bancario o bollettino postale. Aiutaci anche con il tuo 5 per mille: nella dichiarazione dei redditi firma e scrivi il codice fiscale 94040860226.