16/02/2024 di Fabio Piemonte

“The lost boys”, un documentario sugli effetti del transgenderismo negli uomini

 “The lost boys: Searching for Manhood” è un interessante documentario pubblicato dal Center for Bioethics and Culture Network e disponibile anche su YouTube sulle conseguenze del transgenderismo negli uomini. Tali ricadute nefaste sono raccontate attraverso numerose interviste a uomini che si sono sottoposti a procedure di transizione di genere sia negli Stati Uniti che nel Regno Unito. Inoltre approfondisce le strategie mediante le quali l’industria medica promuove il transgenderismo e le modalità attraverso cui i giovani feriti da tale ideologia cercano di uscirne per riappropriarsi della propria identità.

Dipendenza dalla pornografia e promiscuità di relazioni risultano essere tra i fattori principali che spingono i giovani a mettere in discussione il proprio sesso biologico e a ricercare la transizione di genere. Oltre ai lasciti del femminismo è in modo particolare l’idea di ‘mascolinità tossica’, ossia un senso di vergogna di essere maschi, alla quale sono spesso educati sin dall’infanzia, a favorire in tanti giovani l’emergere di tale disforia di genere.

Di qui Brian racconta la sua dipendenza dal ‘porno gay’ in specie negli anni del college; Ritchie parla del suo forte coinvolgimento nei forum online e nelle chat room transgender che lo convince ad autoprodurre e distribuire materiale pedopornografico. Così tanti ragazzi sono stati adescati da «un intero gruppo di uomini predatori là fuori pronti a sfruttare le loro insicurezze e il loro senso di vergogna di essere maschi», osserva lo psicoterapeuta Joe Burgo. E in effetti al giovane Ritchie uomini più anziani andavano ripetendo che il suo testosterone era «un veleno che lo rendeva tossico e, poiché i maschi tradizionali sono davvero cattivi e violenti, gli uomini dovrebbero essere più simili alle donne». 

D’altra parte ormai anche le linee guida dell’American Psychological Association patologizzano la mascolinità. Inoltre lo stesso Burgo, sulla base della sua esperienza clinica, spiega come sia in costante aumento una correlazione tra le diagnosi di disturbo dello spettro autistico e la non accettazione del proprio sesso biologico. Infatti diversi giovani con tali diagnosi si manifestano «particolarmente dissociati e a disagio con il proprio corpo e il mondo sensoriale. A essi non piace il tocco. Per cui l’emergere della sessualità e di tutte le sensazioni che provoca è profondamente inquietante e spesso dissociativo». Egli nota però come in questi casi gli specialisti, piuttosto che cercare di supportare i giovani con autismo a disagio col proprio corpo affinché imparino ad accettarsi così come sono, si affrettino a proporre loro procedure di transizione di genere.

Nel documentario Ritchie descrive ancora come sia stato sottoposto alle terapie ormonali e come sia stato preso in carico da uno ‘psicoterapeuta di genere’ del servizio sanitario nazionale britannico, la cui prima domanda è stata se volesse un intervento chirurgico di riassegnazione dei genitali. Anche nelle sedute successive il medico continuava a ripetergli con insistenza: «Vuoi un intervento chirurgico?» piuttosto che rispondere alle perplessità legittime rispetto all’assunzione di estrogeni e all’intervento avanzate anche dalla madre.

Tutti i giovani intervistati sottolineano poi gli effetti negativi degli estrogeni sulla loro salute, constatando non solo una sorta di «annebbiamento cerebrale» derivante dall’assunzione delle terapie ormonali, ma anche depressione e senso di demotivazione insieme alla compromissione di memoria e capacità di attenzione, ragionamento e capacità di giudizio

Perciò «alcune persone ora sono rovinate per tutta la vita. Io non potrò mai avere figli, né la mia mascolinità virile tornerà più come prima», conclude con amarezza Brian.

Alla fine del documentario tutti condividono che gli uomini non possono diventare donne e che la tesi del transgenderismo è una colossale menzogna. Divenuti consapevoli a proprie spese che nessuno nasce con un corpo sbagliato, raccontano perciò fiduciosi e con speranza di aver avviato un gruppo di ‘recupero’ per giovani uomini che abbiano attraversato procedure di transizione di genere e desiderino riappropriarsi del proprio autentico Sé.

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