08/07/2021 di Luca Marcolivio

Teoria Gender. La storia del suo ideatore, un “Erode” dei nostri tempi

La storia ha spesso un’ironia beffarda. In molti casi svela un vero e proprio humour nero. Si pensi alla vicenda del (quasi) dimenticato John Money (1921-2006), di cui oggi ricorre il centenario della nascita. Lo psicologo neozelandese, trapiantato negli USA, è stato il pioniere della transizione di genere ma gli esperimenti compiuti sulla pelle dei suoi pazienti non gli portarono gran fortuna. Anzi, rappresentarono la sua rovina professionale.

Paradossalmente, ma non troppo, proprio oggi che le teorie di Money sono rivalutate e attuate, il suo nome rimane nella damnatio memoriae. Ed è presto spiegato perché. Almeno una persona sottoposta al suo metodo fu trascinata in un inferno senza fine e questa storia dovrebbe rappresentare un monito per le nuove generazioni.

Al dottor Money dobbiamo anche il conio dell’espressione “identità di genere”, tanto è vero che, nel 1965, presso la John Hopkins University, fondò una clinica per transessuali ed ermafroditi. Money iniziò dunque a studiare la riassegnazione del sesso per via chirurgica e contribuì allo sdoganamento delle “parafilie”, da quel momento non più indicate come perversioni. Con molta disinvoltura, Money trattava di “piogge dorate”, di coprofilia, di acrotomofilia (eccitazione all’idea di poter essere amputati), persino di “pedofilia affettiva”.

Il suo manuale più celebre, Man and Woman, Boy and Girl (1972) è un vero manifesto programmatico della teoria del gender. A livello clinico, però, lo psicologo neozelandese si rese responsabile di una serie di epic fail, che sconfinarono nella tragedia. Si pensi a quanto avvenne al piccolo Bruce Reimer (1965-2004), al quale, per errore, fu bruciato il pene all’età di un anno, in un’operazione di circoncisione per fimosi. I genitori di Bruce, portato il bambino dal dottor Money, si videro consigliare la rimozione dei testicoli e la ricostruzione di organi sessuali femminili – gli fu impiantata una sorta di rudimentale “vagina esterna” – con tanto di cure ormonali. Nel frattempo, la sua particolarissima condizione lo espose al bullismo dei coetanei e almeno una volta tentò il suicidio. Quando poi, però, all’età di 14 anni, Bruce (nel frattempo diventato Brenda) apprese di essere nato maschio, volle essere riassegnato al suo sesso originario. Scelse così il nome di David e fu sottoposto a una doppia mastectomia, a due interventi di falloplastica e all’assunzione di ormoni maschili. In seguito, all’età di 25 anni, l’uomo si sposò ma il resto della sua vita fu tutt’altro che facile. Alcune vicissitudini familiari ed economiche lo fiaccarono notevolmente, fino alla separazione dalla moglie, che lo spinse a togliersi la vita nel 2004.

La tragica storia di Reimer è stata raccontata in modo sistematico nel 2000, con il libro-inchiesta Bruce, Brenda e David di John Colapinto, pubblicato per la prima volta in italiano dalla San Paolo. Il libro ebbe grande impatto e pose in cattiva luce John Money e le sue teorie. Scomparso Money e scomparsa la sua “vittima”, per qualche anno è sceso l’oblio sulle loro vicende. Ciò non ha impedito – anzi, per certi versi, ha favorito – l’inquietante diffusione della transizione di genere tra gli adolescenti, in particolare nei paesi anglosassoni. Di “Bruce-Brenda-David”, ora, ne sono venuti alla luce decine, come testimonia anche la causa vinta contro la clinica Tavistock da un gruppo di giovani transgender pentiti della loro “transizione”.

La storia, dunque, si ripete ma non sempre gli errori riescono a riportare la comunità scientifica sui propri passi né, quantomeno, ad adottare un contegno più prudente. Perseverare diabolicum est.

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