15/09/2022 di Fabrizio Cannone

Tecnologia, dipendenze e ipersessualizzazione: è una “gioventù bruciata”. Ma da chi?

L’ideologismo e il pensiero unico sono degli efficacissimi schermi che impediscono di vedere la realtà per quello che è. E non manca chi evita di lamentarsi per la crisi sociale e giovanile di oggi. Perché, si dice, «è sempre stato così»

Ma questo è evidentemente falso, visto che la storia non si ripete mai. E seppure fosse vero, si dovrebbe comunque correre ai ripari davanti ai terrificanti fenomeni della violenza dilagante, della droga, dell’alcolismo, delle devianze di ogni tipo. Devianze, che per alcuni sarebbero cose positive.

Il coraggioso sociologo Giacomo Di Gennaro, in un’intervista rilasciata a Francesca Sabella del Riformista, ha apprezzabilmente tirato l’allarme su una situazione giovanile che lo fa parlare di “gioventù bruciata”. Secondo il docente dell’Università Federico II di Napoli, è ovvio che «l’uso dell’informatica, del pc e dei social sia un fatto positivo». Tuttavia, esiste un «carattere ambivalente della tecnologia». E ormai, dopo 2 decenni di internet, ne siamo tutti consci.

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Oggi, il web favorisce in molti casi l’individualismo, l’asocialità e la nascita di «tribù digitali». «E questo - secondo Di Gennaro - conferisce alla violenza un volto nuovo, un carattere e una modalità di realizzarla e rappresentarla del tutto nuova»

Queste tribù digitali prive di scrupoli e in cerca di emozioni forti dilagano e prendono di mira proprio quei «ragazzi che sono bravi e tranquilli». Come insegna il recente caso di Gragnano.

E si tratta non solo di bande di maschi, ma sempre più, come nota il sociologo, sono presenti fenomeni di bullismo al femminile. Infatti, «nello stile di condotta e nell’agito violento di molte ragazzine si riproduce l’atteggiamento tipico del maschilismo più retrivo».

Ma chi è il responsabile di tutto ciò, oltre al cattivo uso dei social?

Per il professore le prime responsabilità ricadono sulle famiglie. Le quali avrebbero «abbassato se non totalmente annullato», le barriere educative che regolano la vita dei minori. E questo, pare lucidamente a Di Gennaro, «uno degli effetti di lunga durata di quella che è stata la rivoluzione del ’68».

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Moltissimi adulti infatti «non sono più capaci di esercitare l’autorità e la responsabilità genitoriale». Peggio, in nome di un “giovanilismo” superficiale e inetto, vogliono fare gli amichetti e i complici dei loro figli. Abdicando, di fatto, alla loro autorità e autorevolezza, per «fare i giovincelli».

Le conseguenze oltre alla violenza in tutte le sue forme, sono: l’aumento dell’uso di alcolici e droghe, la dipendenza patologica dalla pornografia e dai social, l’iper-sessualizzazione precoce dei bambini, gli insuccessi scolastici, la depressione, l’isolamento, oltre a devianze di vario genere.

«Dobbiamo prendere atto - conclude il sociologo - che la maggior parte delle famiglie non svolge più il suo ruolo». Facciamo di tutto e battiamoci affinché la cultura della vita, della famiglia, del bene comune, del volontariato, dello scoutismo riprenda il sopravvento e corregga una situazione piuttosto difficile e problematica.

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