22/12/2020 di Luca Scalise

Suicidio assistito in Austria, altro che compassione per malati e anziani

Basta prese in giro sul suicidio assistito come diritto, autodeterminazione, libertà, scelta o compassione: la verità è ben altra. I vescovi austriaci smascherano questi falsi dogmi dei sostenitori dell’eutanasia, svelando che in realtà le pratiche che pongono fine alla vita di una persona, anche se su presunta richiesta, sono tutte antiumane.

Un articolo di Tempi raccoglie le loro dichiarazioni in merito alla sentenza che ha stabilito «che vietare ogni forma di aiuto al suicidio è incostituzionale: rappresenta una violazione del diritto all’autodeterminazione e pertanto a una morte dignitosa», anche se rimane vietato uccidere una persona su sua richiesta.

Dunque, come ha considerato il presidente della Conferenza episcopale austriaca, l’arcivescovo di Salisburgo Franz Lackner, «Fino ad oggi, ogni persona in Austria poteva presumere che la propria vita fosse considerata incondizionatamente preziosa, fino alla morte naturale». Un’argomentazione chiara, limpida. Se è possibile facilitare la morte di alcune persone, è evidente che la vita di quelle persone non è importante, né meritevole di tutela. Non vale niente. Ecco il linguaggio dell’eutanasia e del suicidio assistito.

Del resto, non ci dovrebbe volere una laurea per capire che «ovunque si offra l’opzione di togliersi la vita con il sostegno di altri in situazioni di crisi come malattie gravi o vecchiaia, aumenta la pressione sui malati e sugli anziani affinché ne facciano uso». Quindi altro che libertà, altro che autodeterminazione. Se soffri, se sei infermo, depresso, vecchio o demente, se sei improduttivo, non servi, diventi automaticamente un costo, un peso. È umano questo ragionamento? No. Eppure, sta alla base della mentalità eutanasica. Appena vieni ritenuto “inutile” ti si offre la morte e ti si aiuta pure a morire.

Questa è crudeltà, non compassione. Perché il valore di una persona è inestimabile e non si può misurare in base alle sue difficoltà. Perché «chi esprime il desiderio di morire in una situazione di crisi esistenziale come malattia e stanchezza non ha bisogno di aiuto per uccidersi, ha bisogno di vicinanza umana, sollievo dal dolore, affetto e sostegno». Una società civile non si preoccupa, infatti, di aiutare a morire, ma di aiutare a vivere, dando affetto, cure e assistenza a chi ne ha bisogno.

In conclusione, come affermava il cardinal König: «ogni uomo dovrebbe morire tenendo per mano un altro uomo, e non per mano di un altro uomo».

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