07/04/2016

Scuola pubblica, statale e paritaria, e libertà educativa

Libertà di educazione “senza oneri per lo Stato”, dice la Costituzione: che vuol dire? E un’associazione LGBT potrebbe aprire una scuola privata?

Risponde Olimpia Tarzia, consigliera regionale del Lazio e Presidente del Movimento PER, Politica, Etica e Responsabilità.

Quando si parla di scuola ci si dimentica sempre che il nostro sistema educativo pubblico si regge su due gambe: gli istituti statali e quelli non statali.

La libertà educativa è un principio non negoziabile e anche le scuole gestite da altri soggetti che non siano riconducibili allo Stato, fanno parte del nostro sistema di istruzione pubblica, cioè a disposizione di tutti.

Le scuole paritarie svolgono a tutti gli effetti un servizio pubblico e accolgono chiunque richieda di iscriversi, accettandone il progetto educativo.

L’art. 33, comma 3 della Costituzione stabilisce che “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione senza oneri per lo Stato”. A lungo si è dibattuto sul significato dell’espressione senza oneri per lo Stato” e la locuzione è stata spesso impropriamente strumentalizzata da chi intendeva affermare un divieto di finanziamento statale alle scuole paritarie.

Lo stesso Corbino, uno dei deputati dell’Assemblea Costituente, al fine di precisare la portata dell’emendamento da lui proposto, affermò: “Dicendo senza oneri per lo Stato, noi non diciamo che lo Stato non potrà mai intervenire in aiuto degli istituti privati, ma che nessun istituto privato potrà sorgere con il diritto di avere aiuti da parte dello Stato. È una cosa diversa: si tratta della facoltà di dare o di non dare“. Si tratta di una precisazione accolta dai Padri costituenti come autorevole “interpretazione” del passo in questione. Sulla scorta di tale interpretazione i Governi che si sono succeduti nel tempo hanno riservato alle scuole paritarie contributi e finanziamenti pienamente legittimi per quanto insufficienti al fine della loro sopravvivenza.

Se l’art. 33 della Costituzione avesse voluto escludere ogni forma di contribuzione pubblica alle scuole paritarie, di certo i provvedimenti legislativi finalizzati ad erogare tali contributi sarebbero stati posti al vaglio della Corte Costituzionale e sarebbero stati dichiarati da quest’ultima costituzionalmente illegittimi. Così non è stato!

Da ultimo, come ho ricordato in principio, lo Stato italiano ha riconosciuto, con la legge n. 62 del 2000, un sistema nazionale di istruzione unico, costituito sia dalle scuole statali che dalle scuole paritarie private e degli enti locali, affermando espressamente all’art. 1 comma 3 che le scuole paritarie svolgono un “servizio pubblico”.

Si tratta di una affermazione di principio importantissima anche ai fini di chi persevera nel sostenere che le scuole paritarie non “meriterebbero” alcun finanziamento. In questo contesto del tutto legittimamente si inserisce l’istituto del c.d. “buono scuola” che alcune Regioni, quali il Veneto, la Lombardia e la Toscana, hanno già adottato.

Si tratta di un istituto volto a preservare e garantire quella libertà di scelta educativa che la stessa Unione Europea (all’epoca Comunità Europea) ha riconosciuto essere uno dei cardini dell’ordinamento europeo. Nella risoluzione del Parlamento Europeo del 14/03/1984 si dichiara espressamente che, negli Stati della Comunità, “compito dello Stato è di consentire la presenza degli istituti di insegnamento pubblico o privato all’uopo necessari (inteso necessari alla garanzia del diritto di libertà di scelta educativa sancito nei paragrafi precedenti n.d.r”). Occorre anche considerare che senza adeguati finanziamenti diretti ovvero “indiretti”, le scuole paritarie chiuderebbero e ciò provocherebbe un serio danno per le finanze statali. Secondo un recente dossier Agesc, la scuola paritaria farebbe risparmiare allo Stato italiano, in media per ogni alunno, ben 6 mila euro; moltiplicando tale cifra per il numero di alunni delle scuole paritarie, superiore ad 1 milione, si arriva ad un risparmio complessivo annuo di oltre 6 miliardi di euro.

C’è chi obietta che il sostegno alle scuole paritarie potrebbe favorire la costituzione di scuole private anche da parte delle associazioni LGBT, le quali potrebbero usufruire dei finanziamenti statali, ovvero dei benefici del “buono scuola”. Da un punto di vista strettamente giuridico tale astratta condizione esiste. Tuttavia vorrei ricordare che a beneficiare dei finanziamenti e del cosiddetto buono scuola non sono tutte le scuole private, ma solo quelle paritarie. Occorrerà quindi verificare in concreto la conformità degli istituti scolastici fondati da associazioni LGBT con i valori della nostra Costituzione (è questo il vaglio che, per legge, lo Stato deve operare per “parificare” l’istituto alla istruzione pubblica).

In concreto tengo a precisare che le associazioni LGBT non avrebbero alcun bisogno di fondare proprie scuole essendosi ormai pienamente “infiltrate” in molti istituti pubblici statali. E’ sempre più pressante, infatti, il tentativo di orientare l’attenzione verso la cultura “di genere”, ma non per sottolineare le problematiche della condizione femminile, bensì per assecondare il mondo LGBT e ciò anche attraverso progetti e programmi scolastici finanziati da Comuni, Regioni e Governo.

Olimpia Tarzia

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