03/05/2016

RU486: un veleno per cui è stato trovato l’antidoto

La pillola assassina RU486, che ammazza bambini e qualche volta anche le madri – anche in Italia – (e compromette seriamente la loro salute), in realtà non è ‘una‘ pillola, ma sono due.

La donna interessata all’uccisione del proprio bambino in grembo deve prenderle nell’arco di tre giorni: il mifepristone, che blocca la crescita del bambino togliendogli la possibilità di nutrirsi,  e il misoprostol, che innesca le contrazioni uterine per espellere il bambino morto (un vero e proprio parto).

Tempo fa avevamo scritto che il dottor Matthew Harrison, con il dottor George Delgado e la dottoressa Mary Davemport, avevano trovato fin dal 2007 un antidoto in grado di invertire gli effetti velenosi della prima pillola.

Il team è orgoglioso di poter offrire una via d’uscita alle donne che si pentono di aver intrapreso la procedura per uccidere il proprio bambino e hanno aperto un sito dedicato, abortionpillreversal.com, con tanto di un numero di telefono cui si può chiedere il pronto intervento dei volontari.

Ora apprendiamo da LifeNews che il governatore del Sud Dakota, Dennis Daugaard, ha promulgato una legge che, disciplinando il consenso informato delle donne che richiedono l’aborto chimico, dispone che le strutture che forniscono la RU486 le rendano edotte della possibilità di ripensarci.

Delle normative analoghe erano state emanate in Arizona e in Arkansas.

Ovviamente la lobby abortista fa di tutto per contrastare ed attaccare queste normative. La stessa Planned Parenthood è scesa in campo. Per esempio in Arizona ha ottenuto dall’autorità giudiziaria una moratoria dell’entrata in vigore della legge.

E’ strano che quelli che si battono per la ‘libertà di scelta’ della donna, poi si oppongano con tutte le loro forze all’attuazione di quelle azioni concrete che rendono davvero libera e consapevole la scelta.

Il consenso informato, a seguito della conoscenza degli effetti collaterali dei medicinale e delle procedure mediche che si prospettano, non serve alla libera scelta? Sapere che se si è cominciata la procedura per uccidere un bambino, fino ad un certo punto è possibile tornare indietro, non serve alla ‘libera scelta’?

O forse l’espressione ‘pro-choice’ è stata coniata dalla neolingua solo perché dichiararsi ‘pro-aborto’ o ‘pro-morte’ suona troppo negativamente...?

Hanno anche tentato di infangare la scoperta di Harrison e soci, che in sostanza consiste in una dose massiccia di progesterone, spargendo le solite falsità, per esempio che che i bambini ‘salvati’ nascerebbero handicappati.

Invece, dati alla mano, l’American Association of Pro-Life Obstetricians and Gynecologists ha dimostrato che l’antidoto non arreca alcun danno al feto. Certamente funziona tanto meglio, quanto prima s’interviene. Certamente ci sono scarse possibilità di successo, se la donna ha ingerito anche la seconda pasticca abortiva. Ma tutti i bambini nati dopo che le mamme hanno preso l’antidoto, godono di ottima salute!

Francesca Romana Poleggi


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