17/10/2023 di Luca Marcolivio

Roma Capitale porta le lobby Lgbt nelle scuole. Barbato (FdI): «Vicenda poco chiara»

Dopo aver dato luogo a corsi rivolti alle educatrici per aiutarle a veicolare nei bambini messaggi di «decostruzione del genere maschile e femminile», al Comune di Roma stanno proponendo «a tutte le scuole di ogni ordine e grado, un’offerta formativa dove figurano proposte di far visita ad associazioni Lgbtq, circoli di cultura omosessuale ed altro». A denunciarlo è stata Pro Vita & Famiglia, che ha ora raccolto il commento di Francesca Barbato, esponente di Fratelli d’Italia e consigliera d’opposizione a Roma Capitale.

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Francesca Barbato, siamo di fronte all’ennesima propaganda gender al Comune di Roma: come ha avuto origine?

«Vorrei innanzitutto marcare che uno dei primissimi atti di questa giunta è stato nominare Marilena Grassadonia a capo di un nuovo ufficio per i diritti delle persone LGBT+. Da lì si sono innescate una serie di attività volte a garantire e tutelare i diritti di queste persone sulle quali, in tema di educazione all’accoglienza e alla tolleranza, non abbiamo nulla da ridire. Riteniamo, però, ci siano altre priorità, ovvero quelle di attivare delle politiche a sostegno della famiglia. Il Comune ha messo quindi in campo una serie di iniziative, una delle quali, ad esempio, è un corso rivolto alle educatrici scolastiche, dove, tra altre cose, si insegnava loro a decostruire il genere, facendo sì che venissero obbligate ad affrontare questi temi con i bambini secondo una visione che non condividiamo. Quindi, visti tutti questi segnali, ci siamo attivati per tentare di arginare il fenomeno, ritenendo che fosse opportuno che i genitori venissero sempre informati. Abbiamo quindi presentato una mozione che però stata bocciata dall’aula del Campidoglio, in cui richiedevamo che, quando a un bambino - o comunque a un minore - viene proposto un percorso formativo, in qualsiasi caso il genitore dovesse essere informato, per poter liberamente decidere se far partecipare il proprio bambino o no, come avviene, né più né meno, con l’insegnamento della religione cattolica. Dopodiché, si dà o meno il consenso. Invece questa visione delle cose – a nostro avviso democratica – non è stata accettata».

Lei ha cercato di approfondire la questione anche consultando gli uffici del Comune: con quale esito?

«Nella Mappa della Città Educante ci siamo resi conto che c’è davvero una grande partecipazione da parte di un gran numero di soggetti, anche istituzionali, che partecipano alle varie progettualità. Alcuni di questi progetti vengono portati avanti da associazioni a tutela dell’omosessualità e delle persone Lgtb+. Abbiamo cercato di intervenire anche a mezzo stampa, ma in questo caso ancora non mi hanno risposto: in media per un accesso agli atti ci vuole anche un mese. Quindi non ho un riscontro oggettivo sulle modalità con cui sono state scelte queste associazioni che dovranno organizzare i progetti. Si tratta di proposte che fa il Comune ma non è chiaro quali siano i criteri di scelta di queste associazioni. Quello che effettivamente ci sembra un po’ strano è che, nella Mappa della Città Educante, vi siano, sì, tante realtà istituzionali e organizzazioni legittimamente riconosciute, che si occupano di una pluralità di tematiche, ma non vi siano associazioni che invece magari hanno un punto di vista diverso, di sostegno alla famiglia e alla vita. Manca questo punto di vista che pure, in un’ottica di pluralità, dovrebbe trovare spazio».

Ritiene che questa iniziativa della giunta capitolina sia in linea con la normativa nazionale e, in particolare, con i principi della libertà educativa tutelati dalla circolare Miur del 2015?

«Il problema è proprio questo: non conosco il piano formale ed è per questo che ho fatto richiesta di accesso agli atti: vorrei sapere come sono state individuate queste associazioni. Non mi è chiaro perché non c’è un atto o, quantomeno io non ho trovato un atto pubblico, un avviso o un bando. Può anche darsi che a me sia sfuggito qualcosa, per cui, se poi sia stato correttamente rivolto un invito alle associazioni che sono state accreditate presso il Miur, nel rispetto della circolare che lei richiamava, non è stato verificato, né ho gli elementi per rispondere. È l’oggetto della mia richiesta di approfondimento alla dirigente che ha emanato il provvedimento. C’è un altro aspetto, comunque, che vorrei sottolineare…».

Dica pure.

«C’è un fondamento positivo nel voler accogliere, non discriminare ed essere intolleranti. Però mi piacerebbe che tutto questo venisse fatto anche verso altre forme di discriminazione. Penso alla disabilità, alla quale non si pensa mai. Sappiamo invece quanto un disabile sia emarginato, segregato e anche bullizzato, soprattutto a scuola. Forse quello che bisognerebbe fare è invertire le priorità: educare i ragazzi al rispetto e all’accoglienza di tutte le diversità, non solo di qualcuna: è questo l’indirizzo della mia battaglia».

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