11/02/2022 di Luca Volontè

Ricordate Lia Thomas? Ora anche le sue compagne di squadra denunciano l’atleta trans

Ben 16 compagni di squadra di Lia Thomas (ricordate la sua storia?) hanno chiesto che il famoso nuotatore transgender della UPenn (Università della Pennsylvania) venga bandito dalle competizioni.

Con una lettera aperta, pubblicata nei giorni scorsi sul Washington Post, le compagne di squadra di Thomas dicono di credere al suo percorso di transizione, ma ribadiscono che il suo sesso biologico gli ha dato un vantaggio sproporzionato nelle competizioni femminili di nuoto. "Sosteniamo pienamente Lia Thomas nella sua decisione di affermare la sua identità di genere e di passare da uomo a donna. Lia ha tutto il diritto di vivere la sua vita autenticamente. Tuttavia – si legge - riconosciamo anche che quando si tratta di competizione sportiva, la biologia del sesso è una questione separata dall'identità di genere di qualcuno. Biologicamente Lia detiene un vantaggio sleale rispetto alla concorrenza nella categoria femminile, come evidenziato dalle sue classifiche che sono balzate dal 462esimo posto in classifica come maschio al 1° come femmina”.

Le compagne di squadra non hanno firmato direttamente la lettera, molto probabilmente per paura di ripercussioni all’interno del proprio team universitario e di essere espulse dalla squadra. Lia Thomas in precedenza aveva infatti  gareggiato per la squadra maschile di UPenn per tre stagioni come Will Thomas, prima di sottoporsi a trattamenti ormonali per due anni.

Dopo le polemiche delle scorse settimane sulle regolamentazioni per la partecipazione alle competizioni femminili degli atleti maschi transgender, nei giorni scorsi la federazione di nuoto americana USA ha aggiornato la sua politica transgender, di fatto bloccando la partecipazione degli atleti trans ai campionati femminili. La USA Swimming ha stabilito che gli atleti transgender devono aver registrato bassi livelli di testosterone per 36 mesi.

Thomas ha iniziato la "transizione" solo nel maggio del 2019. L'organizzazione ha aggiunto che la sua politica "si basa sulla scienza e sui metodi basati sull'evidenza medica per fornire un campo di gioco equo per le donne cisgender d'élite e per mitigare i vantaggi associati alla pubertà e alla fisiologia maschile”. Finita qui l’ingiustizia degli atleti transgender nelle competizioni femminili? Vedremo, ma speriamo davvero si possa mettere prima o poi la parola fine a questa continua discriminazione contro le donne.

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