A Roma una ragazza intervistata dal Corriere della Sera ha raccontato di aver percepito mille euro per aver “donato” (quindi venduto) i propri ovociti. La legge italiana lo vieta, ma dietro alle belle favole sull’ eterologa si nasconderebbe in realtà un potenziale racket ai danni delle donne con problemi economici.
Mille euro per i propri ovociti. Succede a Roma, in un centro medico non specificato, come racconta in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera una studentessa ventiduenne di nome Alessandra. Questo commercio potrebbe rivelare un vero e proprio racket permesso dalla legge italiana che, in teoria vieta ogni tipo di compravendita di gameti in strutture ospedaliere. Ma solo in teoria, perché la legge parla di “atto volontario, altruista, gratuito” per il quale “non potrà esistere una retribuzione economica” anche se “non si escludono forme di incentivazione”. In sostanza, aggirabile da parte dei medici.
Alessandra descrive minuziosamente la sua triste esperienza dall’inizio: “Volevo donare il sangue. Poi ho saputo per caso da un’amica che un centro romano cercava volontarie (per gli ovociti, ndr) col passaparola. Conosco il problema dell’infertilità per un’esperienza familiare. So quanto soffrono le donne che non possono avere bambini. Così ho deciso.” E poi racconta del suo lungo percorso intrapreso nel centro medico: “Mi sono presentata in clinica per dare la mia disponibilità e dopo una lunga serie di analisi sono stata dichiarata idonea. Poi ho cominciato una cura di ormoni che servono a stimolare la formazione di follicoli, dove si forma l’ovocita. Un’iniezione al giorno sulla pancia, accanto all’ombelico. A me sono bastati dieci giorni, di solito sono un paio di settimane. In quel periodo ho avvertito un po’ di gonfiore e senso di pesantezza. Una ragazza che ha cominciato con me dopo le prime punture si è fermata e ha rinunciato. Lei lo faceva per soldi”. Giorni travagliati che alla fine hanno portato alla tanto agognata donazione: “Sotto sedazione –dice ancora Alessandra al Corriere della Sera – mi hanno prelevato il liquido dei follicoli. Il tutto è durato venti minuti, poi ho aspettato altri dieci minuti per smaltire l’anestesia leggera. Mi sono ritrovata con una pancia molto gonfia, come se fossi incinta, ma in breve sono tornata normale”.
Chissà se le hanno detto le conseguenze che il bombardamento ormonale può portare al suo apparato riproduttivo a medio – lungo termine. I rischi di tumore, tanto per fare un esempio.
E invece “tutto è tornato normale”, come se fosse normale: mille euro in tasca e tanti saluti a tutti, compresa la propria identità genetica di donna. Dieci giorni, pagati mille euro, al termine dei quali ti prelevano gli ovociti per poi impiantarli in chissà quale pancia.
E così da una parte l’Italia si conferma ancor di più la patria di Pinocchio, per usare un eufemismo, dove tutti aggirano le leggi per coltivare indisturbati i propri interessi economici. Dall’altra, grazie ad un business del genere, giovani donne in difficoltà economiche, sotto la pressione di un guadagno facile, potrebbero entrare inconsapevolmente a far parte di questo potenziale racket.
Un altro passo indietro per la ragione, contro la natura; un’occasione per la società italiana di ribellarsi all’ennesimo tentativo di schiavitù da parte del relativismo etico, che cosifica le persone, che considera il valore di una donna quanto quello di un Iphone.
Di Luca Colavolpe Severi