28/05/2025 di Luca Marcolivio

Da Camera Usa stop a fondi per Planned Parenthood, ma la battaglia è tutt’altro che vinta

Negli Usa, un’altra svolta storica in tema di aborto è arrivata per un solo voto. Stiamo parlando del taglio dei fondi federali alla multinazionale abortista Planned Parenthood, che è stato approvato giovedì scorso dalla Camera dei Rappresentanti del Congresso (la House of Representatives, ovvero la Camera bassa): un esito non scontato, nella misura in cui i Repubblicani controllano una maggioranza assai esile, con appena cinque seggi di vantaggio sui Democratici. Questi ultimi si sono presentati compatti, raggiungendo i 214 voti contrari (mentre i favorevoli sono stati 215) grazie a due “franchi tiratori” repubblicani, ovvero Warren Davidson (dell’Ohio) e Thomas Massie (del  Kentucky), mentre Andy Harris (del Maryland) si è astenuto.

Palla al Senato

La bozza ora passa al Senato del Congresso degli Stati Uniti, dove la maggioranza Repubblicana è di 53 seggi contro 45 Democratici e due Indipendenti. Il Senato esaminerà il disegno di legge secondo le regole di riconciliazione di bilancio, che, per l’approvazione, richiede una maggioranza semplice, anziché i tipici 60 voti. Dunque bastano 51 voti.

La spinta di Trump e Vance

Il cambiamento in senso pro-life è fortemente caldeggiato dal presidente Donald Trump, che sul social Truth ha scritto: «Ora è tempo che i nostri amici del Senato degli Stati Uniti si mettano al lavoro e mi trasmettano questo disegno di legge IL PRIMA POSSIBILE! Non c'è tempo da perdere». Lo speaker della Camera Mike Johnson ha affermato che l’obiettivo è consegnare a Trump per la promulgazione il disegno di legge approvato da entrambi i rami del Congresso entro la festa nazionale del 4 luglio. Inoltre, un’ulteriore spinta può arrivare dal vicepresidente J.D. Vance: è infatti quest’ultimo a presiedere il Senato e in caso di assoluto stallo (per esempio 50 voti favorevoli e 50 contrari) spetta da legge a lui l’ultima parola.

Una svolta pro life

Per i pro-life statunitensi sarebbe una nuova grande vittoria, a tre anni esatti dal pronunciamento della Corte Suprema del 24 giugno 2022, che cancellò la Roe vs. Wade del 1973, riconoscendo la libertà dei singoli Stati di emanare leggi restrittive o, addirittura, abolitive nei confronti dell’aborto. In entrambi i casi, tuttavia, si tratta soltanto di battaglie: la guerra in nome del diritto alla vita nascente è ancora lungi dall’essere vinta per una serie di motivi. E’ vero, infatti, che Planned Parenthood, pur essendo una società privata, ha sempre avuto il suo punto di forza nei massicci finanziamenti federali ricevuti (800 milioni di dollari soltanto nel 2024), ma è altrettanto vero che ha di base una forza - economica e operativa - spropositata nel fornire quotidianamente servizi per abortire.

Un colosso abortista

Secondo il rapporto annuale della stessa Planned Parenthood, infatti, ogni anno, negli Usa vengono effettuati 402mila aborti (circa 1076 al giorno, 45 ogni ora, uno ogni 80 secondi), attraverso tutte le tecniche tristemente note: dalla pillola abortiva all’aborto per smembramento o per aspirazione, fino al feticida che provoca l’arresto cardiaco del nascituro. Dunque circa il 40% degli aborti effettuati negli Usa viene praticatom nelle cliniche di Planned Parenthood. Un taglio dei fondi così drastico al colosso abortista potrebbe quindi rendere meno facile il ricorso a tale opzione, salvando migliaia di piccole vite umane. 

Nonostante tutto gli aborti crescono

C’è tuttavia da tener conto dei numeri effettivi sull’aborto, che, nel corso del 2024 (a dispetto della menzionata sentenza del 2022) sono lievemente aumentati (+1%) rispetto all’anno precedente. Ad affermarlo è un’indagine del Guttmacher Institute, che sostiene i cosiddetti “diritti sessuali e riproduttivi”. Da un lato, effettivamente, alcuni Stati che hanno approvato restrizioni  hanno visto gli aborti diminuire: è il caso della Florida (12mila aborti in meno nel 2024) e della Carolina del Sud (3.500 in meno).  È accaduto, però, che molte donne che hanno incontrato restrizioni negli Stati pro-life sono diventate protagoniste del fenomeno dell’emigrazione abortista verso Stati più permissivi, come, ad esempio, la Virginia o l’Illinois. La vera ragione, tuttavia, è da individuare sopratutto nella sempre più massiccia diffusione dell’aborto farmacologico prescritto come “telemedicina”: un metodo, quest’ultimo, radicatosi in modo particolare durante la pandemia e sul quale proprio Planned Parenthood sta speculando.

Si possono imporre tutte le restrizioni o divieti possibili, dunque (e nell’ottica di una battaglia pro-life è sacrosanto farlo), ma la pratica dell’aborto rimane in primo luogo un fenomeno culturale e, a tal riguardo, la corretta informazione è il primo viatico per un cambiamento antropologico.   

 

 

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