18/09/2019

Quando la cultura della morte viene pubblicizzata a suon di spot

La morte assistita è legale nei Paesi Bassi, in Canada, in Australia e in alcune parti degli Stati Uniti e forse potrebbe esserlo “di fatto” in Italia nei prossimi mesi. Rimaniamo convinti, come affermava il buon saggio Chesterton, che tagliare la testa a uno che ha mal di denti non è mai una cura adeguata, né una conquista per la qualità della vita e della morte del paziente.

Nei giorni scorsi abbiamo riportato la notizia apparsa sui quotidiani inglesi sulla vicenda della Signora Mavis Ecclestone che ha ucciso il marito Dennis, malato terminale, con un overdose di farmaci. Il Tribunale di Stafford, in Gran Bretagna, non ha ancora preso una decisione sulla vicenda.

La Signora Ecclestone ha giustificato il suo gesto dicendo che c’era un tacito  accordo tra lei e il marito che le “imponeva” di «lasciarlo andare secondo i suoi desideri». Ovviamente nessuno era ed è a conoscenza di questi accordi, né delle circostanze nelle quali il marito desiderasse essere “lasciato andare”, terminologia eufemistica e falsa per descrivere l’omicidio. Le giustificazioni della moglie però sembrerebbero aver fatto breccia almeno nell’opinione pubblica e sono state l’occasione di lanciare una formidabile, quanto sensazionalistica, campagna di spot pubblicitari per la legalizzazione della eutanasia. Fatto sta che il video di una lobby pro eutanasia con un paziente che muore in agonia in un ospizio, lanciato negli stessi giorni della prima udienza,  ha suscitato indignazione da parte di medici e infermieri, che hanno affermato con nettezza che le immagini erano frutto di «spavalderia e sensazionalismo».

La lobby Dignity in Dying (Dignità nella morte), che ha prodotto il film, ha affermato che si trattava di «una rappresentazione realistica» della morte di una minoranza di persone nel Regno Unito. Lo stesso gruppo ha rilasciato altrettanto sensazionalistici dati sul numero di pazienti che morirebbero tra dolori atroci in Uk: ovvero 17 persone morirebbero di dolore ogni giorno. L’Ente britannico degli Hospice (Hospice UK) ha dichiarato, tramite il suo l'amministratore delegato Tracey Bleakley, che il video è stato «progettato per spaventare i pazienti vulnerabili. Una campagna fuorviante e irresponsabile».

Ma «nessuna campagna potrebbe giustificare la richiesta di allontanare le persone dalle cure e dal supporto di cui hanno un disperato bisogno» ha aggiunto. Molti operatori sanitari hanno reagito con la stessa veemenza alla strumentalizzazione e promozione della “morte degna”.

«Questo film è stato progettato per trasmettere argomenti complessi in modo accessibile», si sono giustificati i promotori del video che vogliono vedere un cambiamento nelle leggi inglesi così da consentire la morte assistita come opzione per adulti malati terminali. L’eutanasia sarebbe quindi per loro un’opportunità per migliorare la qualità della vita e della morte di molte persone morenti nel Regno Unito. Lo avevamo detto, ci sono casi emblematici che, costruiti ad arte o strumentalizzati ad arte, possono segnare l’inizio di una deriva irrefrenabile.

Sarà un semplice caso, ma la coincidenza tra la prima udienza del Tribunale di Stafford e il lancio del video della lobby Dignity in Dying non è e non può essere casuale, siamo stati infelici profeti. L’Italia che crede nella dignità umana e nella cura del paziente faccia memoria del recente passato e, se possibile, riaffili le armi della ragione.

 

di Luca Volontè

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