06/03/2015

Pornografia vista, violenza fatta: basta che c’è il consenso?

La pornografia su celluloide miete vittime nella realtà.

Un adolescente è stato arrestato per uno stupro ispirato dal film “Cinquanta sfumature di grigio”.

Mohammad Hossain, 19 anni, studente universitario di Chicago, è stato arrestato per stupro. Al momento dell’arresto ha dichiarato che stava “semplicemente” riproducendo alcune scene del film “Cinquanta sfumature di grigio”.

“È tragicamente ironico – scrive John Jansen su Lifesitenews – che nello stesso momento in cui nei campus universitari è in corso una vera e propria epidemia di stupri e aggressioni sessuali e si sta portando avanti una discussione a livello nazionale su come affrontare questo problema, si corre a comprare un libro (e a vedere un film) che racconta la storia di una coppia, fatta di sesso e aggressività, dove il dominio maschile è rappresentato come una cosa seducente ed eccitante”.

Il dato sconfortante è che nei campus universitari, la politica prevalente quando si tratta di sesso è quella del “tutto va bene purché sia consensuale”.

Ma il fatto è che nel sesso sadomaso il concetto di “consenso” è molto relativo; ci sono delle parole “di sicurezza” concordate che “lo schiavo” (la persona “sottomessa”) può impiegare quando le cose diventano troppo intense o violente, ma va da sé che in simili situazioni il rischio che ci sia incomprensione tra i due è molto elevato.
Il Dr. Aaron Kheriaty, professore di Psichiatria presso l’Università della California “Irvine School of Medicine”, ha scritto un interessante articolo intitolato “Agganciati e legati: le conseguenze neurologiche del sadomasochismo”, apparso di recente su Public Discourse  

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Non ci vuole molto per capire che il pericolo, che l’ulteriore diffusione del film incentivi gli episodi di violenza sessuale contro le donne, sia dietro l’angolo. E non è un’esagerazione.
Purtroppo è ancora molto diffusa (tra la gente ignorante, sia chiaro) la convinzione per cui se qualcuno acconsente a qualcosa o permette che accada qualcosa, tutto è lecito.
Ma non è così. Non tutti i tipi di consenso sono uguali.

Chi lavora con le vittime di violenza domestica e sessuale sa bene che se una persona subisce delle violenze e accetta che la situazione non cambi non significa che non ci sia un abuso. Anzi.
Molte donne subiscono per anni violenze fisiche e psicologiche da parte dei mariti, ma lo fanno perché sono deboli, non hanno nessuno che le aiuti oppure hanno paura di ribellarsi.
Ma se una donna acconsente ad essere picchiata, presa a pugni, schiaffeggiata, chiamata con nomi disgustosi e degradanti, questo rende tali atteggiamenti meno “abusivi”? Forse li renderà legali, ma certamente non li rende meno violenti o disgustosi.

Consenso o no, queste pratiche svalutano completamente sia la persona che le subisce che quella che le compie.

Tra l’altro – scrive provocatoriamente Jansen – se il consenso è l’unico criterio, allora perché non dovrebbe essere vero anche per i bambini così come per gli adulti?
E in realtà non una provocazione priva di fondamento, dato che c’è già chi ha ipotizzato la “legalizzazione della pedofilia”, in presenza del consenso del minore .

Quello di cui Mohammad Hossain è accusato è orribile, e se è colpevole, merita la punizione che riceverà. Ma anche se la sua vittima avesse acconsentito, quello che ha fatto è comunque sbagliato. Il rischio che si superi il limite è altissimo .
È sotto gli occhi di tutti che la società in cui viviamo è dominata da un relativismo assoluto, in cui tutto è giusto e niente è sbagliato.
E così è anche per il sesso.
La sessualità è stata completamente slegata dalla sua funzione unitiva e procreativa, che aveva la sua sede naturale nel matrimonio.
Ormai è diventato mero strumento egoistico per darsi (più che dare) piacere, meglio se utilizzato in modi sempre diversi, anche estremi, come nel sesso sadomaso, e diavolerie simili.
Tutto è lecito, purché ci sia il consenso, si dice.
Poi però accade la tragedia e tutti lì ad indignarsi e a puntare il dito. Ma è possibile che bisogna aspettare che qualcuno perda la vita per condannare simili pratiche?

Laura Bencetti

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