Il Guttmacher Institute è l’istituto di ricerca che fa capo a Planned Parenthood e con essa è da circa un secolo impegnato a diffondere aborto, contraccezione, pianificazione familiare ed eugenetica in tutto il mondo.
In questo periodo ha lanciato una campagna raccolta fondi per l’Uganda: per le donne e le madri ugandesi, per la maternità difficile. Fate molta attenzione a chi chiede donazioni per questa nobile causa. Il vero scopo della loro attività (non sempre ben celato sotto i nobili intenti di cui sopra) è far cambiare le leggi del Paese africano che sono dichiaratamente pro life.
Essendo un istituto di ricerca è abile a snocciolare dati adeguatamente manipolati per sostenere le sue tesi: aborto legale e contraccezione servono al Paese africano per evitare che le donne muoiano per gravidanze a rischio e per aborti clandestini. Non è una novità: sono le stesse statistiche con cui i Radicali impressionavano gli Italiani negli anni ’70.
(Ovviamente non hanno mai notato, al Guttmacher Institute, quelle evidenze statistiche che – proprio in Uganda – dimostrano che il contagio dell’AIDS è decisamente diminuito quando il Governo ha intrapreso una politica di buona educazione dei cittadini, basata sulla continenza e sulla fedeltà coniugale. Il contagio invece è aumentato quando le politiche governative hanno spinto all’uso del condom...)
Il C-fam (Centro per la Famiglia & i diritti umani) ci aiuta a fare un po’ di chiarezza.
La mortalità materna è davvero alta, in Uganda. Ma è in diminuzione. Cioè il problema – evidentemente -è stato affrontato e va risolvendosi, soprattutto grazie a una costante diffusione di assistenza sanitaria efficiente. Certo c’è ancora molto da fare, troppe sono ancora le vittime innocenti, ma qualcosa si sta facendo.
Inoltre, come si può vedere nel grafico, la mortalità materna è dovuta in piccola parte (colorata in rosso) all’aborto. Percentuale che non è minimamente cresciuta (anzi, si registra una lieve flessione anche di essa), nonostante la legislazione pro life.
Se andate a leggere l’articolo di Rebecca Oas, potrete approfondire anche dal punto di vista tecnico statistico quali sono i gravi limiti scientifici nel fare le indagini e quindi quali sono le fallacie delle conclusioni riportate dal Guttmacher Insitute per sostenere la sua tesi. A noi basta riportare solo la palese contraddizione della stessa con dei dati pubblicati dallo stesso Istituto che rivelano che solo il 7,6% delle donne ugandesi hanno lamentato il cosiddetto “bisogno insoddisfatto” di contraccettivi, molto molto al di sotto della media africana; e solo l’1% delle ugandesi manifesta di aver ricevuto una insufficiente educazione “alla salute sessuale e riproduttiva”.
Insomma, se le donne muoiono in Uganda è perché mancano le strade, le ambulanze, le strutture, i macchinari e la medicine, non certo perché mancano gli abortifici della International Planned Parenthood.
Francesca Romana Poleggi