06/03/2020

Pdl Omotransfobia. Meluzzi: «La campagna di PV&F difende la libertà dei genitori»

Un progetto di legge dai contenuti eminentemente ideologici, quando non totalitari tout court. È senza mezzi termini, come nel suo stile, il commento rilasciato a Pro Vita & Famiglia da Alessandro Meluzzi riguardo al ddl Zan, che si prefigge di estendere i reati previsti dalla legge Mancino alle aggressioni contro l’«orientamento sessuale» e l’«identità di genere». Secondo il noto psichiatra, il ddl, la cui discussione alla Camera dei Deputati è stata calendarizzata per il prossimo 30 marzo, va a minacciare in primo luogo la libertà d’educazione dei genitori: una libertà che, come ha osservato lo stesso Meluzzi, viene invece rilanciata in modo puntuale ed efficace nella nuova campagna di Pro Vita & Famiglia.

 

Professor Meluzzi, come valuta la riproposizione del ddl anti-omofobia, peraltro in un momento di gravi emergenze nazionali e internazionali?

«In un momento in cui l’intero paese e l’Europa sono in apprensione per il coronavirus e per l’invasione di profughi che arriva da oriente, il Parlamento si appresta ad approvare una legge liberticida che vieta ai genitori – papà e mamma – di insegnare la natura e il bene della storia umana ai propri figli. Tra poco, per un genitore, insegnare che si nasce bambini e bambine, che ci sono un papà e una mamma e che tutto questo appartiene all’ordine naturale sarà vietato e sanzionato dalla legge. È una forma di fascismo pseudo-bioetico che offende il fascismo storicamente noto. Ritengo pertanto che i liberali, i libertari e le persone buone e di buon senso debbano reagire a questa mostruosità che ricorda gli effetti peggiori di tutti i dogmatismi e di tutte le peggiori inquisizioni di ogni epoca».

Non esiste quindi nessuna emergenza omofobia?

«Ma non scherziamo! L’emergenza-omofobia è un’invenzione ideologica da parte di una lobby dura, potente e spietata che sta cercando di imporre alla maggioranza della popolazione i propri codici e le proprie regole nel nome della crudele dittatura del politically correct».

Le forze politiche che promuovono il ddl anti-omofobia sono le stesse che si dichiarano aperte ad accogliere più immigrati e che contano di guadagnare voti concedendo loro la cittadinanza attraverso lo ius soli o altri accorgimenti giuridici. Ritiene che questi “nuovi italiani” accetterebbero facilmente le rivoluzioni lgbt in atto?

«Io le posso dire che i nuovi italiani di origine africana e/o di religione islamica prenderanno gli lgbt e, come avviene nei paesi dove vige la sharia, li butteranno dal quarto piano, come viene imposto dalle leggi coraniche. Ci troviamo di fronte a un equivoco mostruoso e folle…».

Se si presentasse da lei un paziente vittima di omofobia, lei come si comporterebbe?

«Nella mia vita, ho conosciuto tantissime ottime persone omosessuali. Il mio più stretto collaboratore nell’attività editoriale lo è. Molti dei miei più cari amici lo sono. Quindi di me tutto si può pensare tranne che sia omofobo. Posso dire che la stragrande maggioranza degli omosessuali considera queste crociate politico-ideologiche delle immense sciocchezze e anche un’offesa a quella dimensione discreta, paziente, creativa e umanissima che spesso le persone omosessuali hanno. Questa faccenda del ddl anti-omofobia non c’entra nulla né con gli omosessuali, né con l’omosessualità ma è espressione di una dittatura intollerante e ideologica che vuole utilizzare la ricchezza della diversità delle persone per imporre dei punti di vista totalitari».

In risposta alla riproposizione del ddl anti-omofobia, Pro Vita & Famiglia ha recentemente lanciato una nuova campagna, con manifesti e slogan. Qual è la sua opinione in merito?

«Il punto di forza della vostra campagna è nell’aver sottolineato che dobbiamo lasciare le persone libere di trasmettere i propri valori ai loro figli, che c’è una legge naturale che non può essere nascosta, né vietata e che non si può proibire ai genitori di trasmettere i loro punti di vista sulla vita ai loro figli. Altrimenti ci troveremmo in una dittatura peggiore di quella dei gulag staliniani».

 

di Luca Marcolivio

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