È ormai quasi fatta. A tutti i ragazzi e le ragazze che si approssimano all’adolescenza potremo affiancare finalmente alle solite domande trite e ritrite una nuova e molto più sensata. Non «a quale università vorresti iscriverti?», non «che lavoro vorresti fare da adulto?» e nemmeno cosa «ti piacerebbe fare un’esperienza all’estero?». Roba da medievali, retrogradi e boomer! La nuova domanda, quella che tutti, figli, figlie e genitori, attendevano di poter fare o ricevere a breve diventerà la norma: «di che genere vuoi essere?».
Ebbene sì, perché questo, a conti fatti, è il senso dell’iniziativa presa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha annunciato di aver istituito un gruppo di “esperti” per stilare nuove linee guida sulla salute delle persone trans e “di genere diverso” (???). Linee guida che dicono di dover tener conto di temi aberranti come l’accesso agli ormoni bloccanti della pubertà, agli interventi chirurgici atti all’affermazione del genere e al riconoscimento giuridico dell’autoidentificazione di genere.
In un mondo normale, dove cioè un organismo delle Nazioni Unite operasse secondo una logica rispettosa sia del setting naturale, sia del bilanciamento che dei vari fenomeni umani ne discende, tali linee guida sarebbero lunghe una mezza paginetta e risulterebbe del tutto inutile la creazione di una commissione di studio. Tuttavia, com’è noto, il nostro è ormai ben lungi dall’essere un mondo normale e le Nazioni Unite sono ormai notoriamente un organismo degno rappresentante del clima da basso impero in cui abbiamo la cattiva sorte di trovarci.
Coacervo degli interessi più biechi e delle ideologie più progressiste tra quelle reperibili su piazza, l’ONU, attraverso agenzie come l’OMS, è ormai soltanto un megafono e un manganello con cui lobby organizzatesi straordinariamente bene e radicatesi nei processi decisionali internazionali fanno il bello e il cattivo tempo sulle vite di tutti. Solo in questo senso si giustifica una commissione di “esperti” composta al 70% da attivisti LGBTQ+ e il restante 30% da lobbisti di alcune case farmaceutiche. Quali linee guida potranno mai scaturire da una siffatta gang di soggetti?
Non è difficile immaginarlo, basta andare a vedere i nomi dei componenti e riscontrarne on line qualche dichiarazione. Florence Ashley, ad esempio, sedicente “giurista e bioeticista transfemminile”, ha dichiarato che «i bloccanti della pubertà dovrebbero essere trattati come l’opzione predefinita, evitando di lasciare che la pubertà faccia il suo corso, perché ciò favorisce fortemente l’incarnazione cis, aumentando il costo psicologico e medico della transizione». Mannaggia: se lasci andare le cose come natura vuole, i “cis” (cioè gli eterosessuali) finiscono per essere la maggioranza. Quale orrore.
Soluzione? Bloccanti della pubertà per tutti! D’altra parte, dice Ashley, «i giovani che assumono bloccanti della pubertà hanno le loro opzioni molto aperte, i loro corpi non vengono alterati né dal testosterone né dagli estrogeni». Come detto, in un universo di pubertà bloccate, alla domanda su quale facoltà universitaria il figlio ormai adolescente vuole fare, si unirà quella del genere che preferisce avere, il tutto naturalmente a prescindere dai cromosomi che ha nel sangue, da ciò che ha tra le gambe e dagli organi interni che si ritrova al di sotto del pube. Robetta da nulla, queste ultime due cose almeno, risolvibile con un paio di interventini chirurgici rapidi rapidi. E sei tutto ciò che vuoi.
Non sfugge la totale distopia di tutto questo. Lasciando stare i discorsi, ormai più che stranoti, sulla dannosità dei bloccanti allo sviluppo cognitivo di chi li assume, sull’irreversibilità del processo, sulla medicalizzazione eterna di chi transiziona, al centro di tutto c’è qualcosa di molto più significativo, un ribaltamento concettuale totalmente folle: il percorso naturale è una patologia, mentre quello artificiale e farmacologizzato è la normalità. A costo di sembrare ripetitivi, tutto ciò ha un nome chiaro e ormai codificato: transumanesimo. Una minoranza potente e ramificata in ogni ganglio del potere lo sostiene, una maggioranza sempre troppo silenziosa e inerte, per quanto ragionevole, lo respinge. L’esito è che la follia avanza imperterrita.
Forse, viene da pensare – ovviamente siamo ironici - il delirio deve essere lasciato a briglia sciolta e fare il suo corso. Non resta che aspettare e osservare inorriditi questo triste decorso? Oppure, forse, conviene provare a fare qualcosa, ad esempio aderendo a questa petizione internazionale contro l’iniziativa Lgbt-lobbistica dell’OMS, e facendo sentire in ogni campo e luogo della quotidianità – dalle scuole ai posti di lavoro alle istituzioni – la nostra voce e la voce della maggioranza dei cittadini che non vuole il gender né nelle scuole né in ogni altro settore.