09/01/2022 di Stefano Martinolli

Oltre il Dolore. Manifesto Sociale contro la sofferenza

Il 10 dicembre 2021 è stato presentato dalla SIAARTI (Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva) insieme ad altre Società Scientifiche e Associazioni (Aifi, Aisd, AOGOI, Cittadinanzattiva, Fondazione Onda, Italia Longeva, Senior Italia-Federanziani, Federdolore, Sid, Sige, Sigo, Sigot, Simfer, Simg, Sin, Sin-Reni, Siot) un manifesto intitolato «Oltre il Dolore. Manifesto Sociale contro la sofferenza». 

«Un milione di italiani soffre oggi di dolore cronico severo e noi non possiamo accettare che le criticità nelle vite quotidiane di questi cittadini siano dimenticate», così si è espresso il presidente della SIAARTI Antonino Giarratano ed ha concluso «Abbiamo deciso di presentare un Manifesto concentrato sul diritto irrinunciabile dei cittadini alla terapia del dolore, perché intendiamo alzare il livello di attenzione sociale, istituzionale e organizzativo verso una condizione diffusa e drammatica di sofferenza».

Il documento è costituito da 10 punti:

  1. ACCESSO ALLA TERAPIA DEL DOLORE: UN DIRITTO ESIGIBILE
    Le Società scientifiche e Associazioni aderenti al Manifesto sottolineano la necessità che l’accesso alla terapia del dolore cronico non oncologico sia considerato un diritto inalienabile ed esigibile dai cittadini italiani, vantaggioso per la società intera, assicurato dalla presenza di competenze specifiche dedicate, verso cui tutte le Istituzioni sanitarie ed il SSN devono essere mobilitate.

  2. UN DIRITTO DIFFUSO E OMOGENEO
    Le Società scientifiche e Associazioni rilevano la necessità di una diffusione completa, continua e senza differenziazione territoriale della terapia del dolore sul territorio nazionale, seguendo i dettami delle norme di riferimento richiamate nella Premessa Fondativa.

  3. UN DIRITTO CORRETTAMENTE DIMENSIONATO
    Le Società scientifiche e Associazioni esprimono la necessità di sviluppare nel tempo dati certi di riferimento per definire il numero di centri di terapia del dolore necessari sul territorio nazionale e regionale in rapporto con il numero di abitanti, affinché sia soddisfatto il fabbisogno dei cittadini, mantenendo sempre aggiornato il censimento dei centri in rapporto con il numero dei pazienti seguiti e trattati.

  4. UN DIRITTO SENZA ATTESE
    Le Società scientifiche e Associazioni sottolineano la necessità di assicurare che i Centri di terapia del dolore siano pienamente operativi e funzionanti, con organici competenti e completi, ed in grado di assicurare ai cittadini l’accesso omogeneo su tutto il territorio nazionale alle terapie ed alla loro continuità, abbattendo le liste di attesa, ed assicurando un effettivo e corretto percorso di cura al paziente con dolore cronico non oncologico.

  5. UN DIRITTO PER LE MAGGIORI FRAGILITA’
    Le Società scientifiche e Associazioni rilevano la necessità che le fasce più fragili della popolazione abbiano certezza di accesso garantito, tempestivo, facilitato e continuo ai centri di terapia del dolore.

  6. UN DIRITTO ASSICURATO DA COMPETENZE MULTIDISCIPLINARI SPECIFICHE
    Le Società scientifiche e Associazioni manifestano la necessità che tutte le professioni sanitarie coinvolte nella terapia del dolore siano incluse nei percorsi assistenziali garantiti ai cittadini-pazienti e ricevano una formazione di qualità, adeguata, continua, basata sulle evidenze.

  7. UN DIRITTO BASATO SULLA RICERCA
    Le Società scientifiche e Associazioni esprimono la necessità che la ricerca in ambito algologico possa accedere in via preferenziale a fondi speciali per lo sviluppo di farmaci innovativi, in modo analogo a ciò che viene già realizzato in altri ambiti. Inoltre, si sottolinea la necessità che anche la ricerca indipendente sia favorita e sostenuta in modo prioritario dalle Agenzie nazionali.

  8. UN DIRITTO SUPPORTATO DALLE TECNOLOGIE DIGITALI
    Le Società scientifiche e Associazioni pongono l’attenzione sulla necessità che le soluzioni a forte componente di innovazione tecnologica siano espressamente sviluppate nella gestione telemonitoraggio, teleconsulto e teleassistenza nell’ambito del dolore.

  9. UN DIRITTO MONITORATO
    Le Società scientifiche e Associazioni sottolineano la necessità che le istituzioni, le agenzie centrali e regionali, le società scientifiche in collaborazione con le Associazioni dei pazienti si dotino di strumenti per verificare con continuità e precisione lo stato di implementazione della Legge 38.2010 e degli accordi successivi nell’ambito del dolore.

  10. UN DIRITTO COMUNICATO
    Le Società scientifiche e Associazioni individuano ed esprimono la necessità che i media nazionali e locali, tradizionali, digitali e sociali siano coinvolti nella diffusione corretta e continua dell’informazione sulla terapia del dolore, anche grazie al coinvolgimento diretto delle Associazioni dei pazienti e delle Organizzazioni civiche dei cittadini.

 

Dalla sua lettura è facile elaborare alcune considerazioni:

  • La cura del dolore è descritta come un DIRITTO inalienabile ed esigibile da ogni cittadino

  • Questo diritto deve essere per tutti, omogeneo, giustamente dimensionato ed attuato in tempi brevi

  • Queste cure devono poter raggiungere tutti i soggetti fragili (oncologici e non)

  • Queste cure, per essere applicate, necessitano di risorse umane e tecnologiche, oltre che organizzative

  • E’ necessaria un’ampia e diffusa comunicazione e informazione sulle possibilità di cura del dolore.

Da poco si è concluso il primo atto del dibattito attorno al Testo Unico del Disegno di Legge sull’Eutanasia e Suicidio Medicalmente Assistito. In esso osserviamo numerosi punti che appaiono in contraddizione con quanto sollecitato dal Manifesto della SIAARTI. Infatti, uno dei principali motivi di utilizzo delle leggi sul fine vita, negli altri Paesi in cui sono state approvate, è il dolore acuto o cronico, ritenuto non sopportabile e lesivo della dignità del paziente. A questo punto sorgono spontanee alcune domande: per decidere tra la cura o il suicidio assistito è sufficiente la volontà del paziente, la sua «autodeterminazione», in un ambito i cui confini sono spesso labili, mutevoli e non sempre ben delineati? Il dolore è sempre una motivazione valida per togliersi la vita? Come dovremo impiegare le risorse economiche, già scarse in questo tempo di pandemia, concludendo anticipatamente la vita dei  pazienti oppure sostenendo la Ricerca, le Associazioni, le Organizzazioni, i Centri Sanitari dedicati alla cura del dolore? 

Come già detto, non è sufficiente chiamare in causa solo la volontà del malato. Costui, spesso, è indirizzato nella sua scelta anche in base alla percezione della realtà che lo circonda. Numerose esperienze in Letteratura Medica hanno evidenziato che, dove il clima culturale sia realmente solidale, favorevole, capace di vedere anche nel dolore e nella morte due momenti dell’esistenza umana comunque dignitosi, i pazienti hanno portato avanti la loro battaglia contro la malattia con una drastica riduzione delle richieste di tipo eutanasico.

Altri elementi importanti sono legati al concetto delle cure per il dolore viste come «diritto inalienabile ed esigibile», omogeneo, da attuarsi in tempi brevi, rivolte a tutti i soggetti fragili. Per realizzare questi progetti di cura sono necessarie risorse ed un ampio appoggio dell’informazione. Dalle dichiarazioni dei sostenitori della legge pro-eutanasia e da gran parte dei mass media, emerge però una narrativa a senso unico, minimizzando sulle problematiche descritte dal Manifesto. Di quali diritti parliamo? Come è possibile decidere se il dolore sia «insopportabile» e lesivo della dignità del paziente quando la realtà dei fatti ci dice che in Italia (e non solo) ci troviamo di fronte ad una gravissima carenza di risorse umane, tecnologiche e organizzative  mirate a trattare questo problema? 

Anche di fronte a questo appello così preciso ed accorato, ritengo che la politica, le forze sociali ed economiche, le organizzazioni sanitarie debbano concentrarsi su un progetto comune di tutela della salute delle persone, in particolare nelle malattie gravi o ad esito infausto, proprio quando è necessario esercitare un supplemento di umanità.

Noi continueremo a ribadire che non dobbiamo eliminare il sofferente, ma alleviare la sofferenza.

 
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