18/08/2016

Olimpiadi double-face. Ma a vincere sono vita e famiglia!

La sensazione, leggendo i giornali o guardando la televisione, è che le Olimpiadi di Rio2016 stiano facendo discutere più per le questioni legate all’orientamento sessuale degli atleti che vi partecipano, che per i risultati sportivi che vengono conseguiti.

Ai mass media, insomma, poco importa della medaglia. Invece è molto più interessante sapere se l’atleta che sale sul podio ha tendenze omosessuali e se ha rilasciato dichiarazioni in merito: è questa la notizia che fa la differenza, che consente di strumentalizzare lettori e spettatori e di plagiarli sulle posizioni delle lobby Lgbt.

Se dunque l’indirizzo che si vuole dare a queste Olimpiadi è perlopiù relativo ai costumi socio-culturali, almeno che si dica la verità tutta intera. Infatti, per chi vuole guardare, Rio 2016 è stato un momento importante soprattutto rispetto ai temi della vita e della famiglia.

Sono questi i valori che ancora una volta stanno trionfando, anche se i mass media preferiscono non darne risalto: meglio parlare dei 49 atleti omosessuali dichiarati sui 12mila partecipanti, oppure dei 40 preservativi (per un totale di circa 450mila) distribuiti a ogni singolo atleta per i soli quindici giorni di giochi, o dei 180 parrucchieri e truccatori a disposizione degli sportivi. E non si dica che il messaggio che s’intende veicolare non è quello del libertinaggio sessuale – come, quando, quanto, con chi si vuole... – più assoluto. Non ci crede più nessuno.

In ogni caso, lungi da noi ripetere o dare nuovamente spazio alle lobby Lgbt e agli atleti che se ne sono resi portavoce. Ne hanno avuto già troppo. Noi di ProVita vogliamo invece qui testimoniare – con alcuni esempi tra i più noti, senza alcuna pretesa di essere esaustivi – come i reali valori delle Olimpiadi di Rio 2016 siano stati la vita e la famiglia. Se non altro perché, innegabilmente, tutti gli atleti che vi hanno preso parte sono vivi e hanno due genitori (una mamma e un papà) che, chi più e chi meno, li hanno sostenuti nelle loro fatiche sportive.

Questa nostra breve carrellata di testimoni pro-life e pro-family non può che iniziare con Simone Biles, ginnasta americana di 19 anni per 1 metro e 44 d’altezza, alle sue prime Olimpiadi e che ha già vinto quattro medaglie d’oro e un bronzo. La Biles è nata da una madre che abusava di alcool e droga e a soli tre anni è stata affidata ai nonni, che hanno allevato lei e le sue due sorelle come delle figlie. La sua dunque è una storia di riscatto, a dimostrazione che le prove della vita possono essere superate... alla grande!

Il secondo esempio è quindi quello della tuffatrice He Zi che, dopo aver conquistato l’argento dal trampolino dei tre metri, ha visto il suo fidanzato – l’altro tuffatore cinese Qin Kai – inginocchiarsi davanti a lei e chiederle di sposarlo. Un gesto pubblico, com’è il matrimonio tra un uomo e una donna, che ha commosso e fatto gioire tutto il mondo.

Rimanendo sempre in tema di matrimonio, abbiamo l’italiana Tania Cagnotto, che all’ultimo tuffo della carriera ha conquistato un meritato bronzo. La vera festa che aspetta l’atleta altoatesina è però ora un’altra: il matrimonio con il suo fidanzato Stefano è fissato per il 24 settembre.

E dal matrimonio passiamo alla gioia di essere genitori, che alle Olimpiadi è stata dimostrata a più riprese da diversi atleti. Tra i più famosi Michael Phelps, il cannibale di Baltimora, che corona ogni medaglia andando a dare un bacio al suo bimbo Boomer, di soli cinque mesi. E poi la mamma-ciclista statunitense Kristin Armstrong, che a Rio ha vinto la crono femminile e che è stata ritratta mentre abbraccia il suo bambino Lucas, come già nel 2012.

I veri vincitori delle Olimpiadi di Rio 2016, coronati con medaglie che non smetteranno mai di avere valore, sono dunque la vita e la famiglia. Semplicemente.

Teresa Moro

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