22/11/2014

Obiezione di coscienza, diritto intoccabile

A proposito dell’obiezione di coscienza.

Proponiamo ai nostri lettori questo articolo pubblicato sul mensile Notizie Pro Vita, che meritava di essere letto e merita di non essere dimenticato.

Anche il laico Comitato Nazionale di Bioetica conferma che il diritto all’obiezione di coscienza è inviolabile.

L’alta percentuale di medici che, in Italia, si rifiuta di praticare l’aborto dichiarandosi obiettore di coscienza – circa l’80% – sta mandando su tutte le furie gli esponenti della cultura radicale e comunque della mentalità dominante i quali, in dissonanza con le loro storiche battaglie per i diritti, oggi si battono, ed accanitamente, contro un diritto: quello di essere obiettori, appunto. Un diritto fondato sia giuridicamente sia storicamente e moralmente. “Medico” è infatti un termine, la cui radice mad, madh – ricorda Felici – «in varie lingue assume allo stesso tempo sia il significato di medicare che quello di insegnare» (Consenso informato, Lìbrati 2008 p. 21). Dunque l’obiettore sinceramente convinto non è affatto un “cattivo medico”, bensì un vero medico. Quanto al lato giuridico, i riferimenti sono molteplici. A partire dall’osannata Legge 194/78, la quale riserva un intero articolo (il 9) alla disciplina dell’obiezione di coscienza, mentre invece non contempla alcuna funzione abortiva per l’attività dei Consultori familiari. Non è cioè scritto da nessuna parte che questi abbiano l’obbligo di rilasciare il certificato autorizzativo dell’aborto. Pertanto, alla luce della L. 194 – per la cui difesa ci si prodiga con energie degne di miglior causa – non solo l’obiezione di coscienza si configura quale diritto, ma risulta – con riferimento al criterio interpretativo «ubi lex voluit, dixit» – che i consultori non abbiano alcun obbligo di rilasciare certificati per l’interruzione di gravidanza. Sempre a proposito di obiezione di coscienza, c’è da dire come questa sia valida non solo, come abbiamo visto, per i medici, ma anche per i farmacisti che intendessero sottrarsi alla vendita di farmaci i quali, qualora vi sia stato concepimento, sono purtroppo abortivi. Infatti, il già ricordato art. 9 della L. 194/78, che disciplina la possibilità di sollevare obiezione di coscienza di fronte all’aborto, lo fa con riferimento al «personale sanitario ed esercente le attività sanitarie». E nessuno dubita che il farmacista faccia parte del «personale sanitario»: il R.D. 27/07/1934, n. 1265, al capo I, intitolato “Dell’esercizio delle professioni sanitarie”, all’art. 99 sottopone a vigilanza «l’esercizio della medicina e della chirurgia, della veterinaria, della farmacia». Se a ciò si aggiunge che la gravidanza perfino nei vari vocabolari della lingua italiana, oltre che nelle più accreditate risultanze scientifiche, decorre dal completamento della penetrazione spermatica nell’ovulo, ne consegue che anche per i farmacisti l’obiezione di coscienza configuri a pieno titolo un diritto. Diritto che il luglio scorso anche il laico Comitato Nazionale di Bioetica ha ricordato essere «costituzionalmente fondato (con riferimento ai diritti inviolabili dell’uomo)» e connotato importante di «un’istituzione democratica, in quanto preserva il carattere problematico delle questioni inerenti alla tutela dei diritti fondamentali senza vincolarle in modo assoluto al potere delle maggioranze».

Pino Morandini

vice presidente del Movimento Per la Vita

Tratto da NotizieProVita n.8 – Ottobre 2012 – Pag. 8

 

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