10/12/2019

Non si ferma la deriva Gender Neutral nelle scuole della Gran Bretagna

Al Regno Unito non sono sinora bastati gli scandali e le indagini sulla Clinica di riprogrammazione del genere che hanno fatto emergere negli ultimi anni veri e propri trattamenti sperimentali su bambini vulnerabili di ogni età. La sperimentazione sociale che impone una riprogrammazione sociale ed antropologica dei bambini in vista di una “società neutra”, uniforme e totalitaria prosegue senza sosta. Nelle scorse settimane è stata la volta di un grande produttore di divise scolastiche che ha deciso di abolire la vendita di quelle maschili e femminili. Ovviamente tutto ciò viene imposto, con le buone o con le cattive, con la scusa di «evitare discriminazioni», «liberare la libertà». Noi sappiamo invece che lo scopo è ben altro: abolire la differenza maschile e femminile, eliminare l’immagine di Dio, promuovere l’asessualità umana e sradicarne le fecondità e genialità maschili e femminili.

Uno dei più vecchi e più grandi fornitori indipendenti di divise scolastiche nel Regno Unito non commercializzerà uniformi specifiche per ragazzi o ragazze. Si venderanno solo quelle “gender neutral” e anche le confezioni che le contengono non avranno più colori specifici o che rimandino all’idea del maschile o femminile (Azzurro/Rosa).

La Stevensons vende divise scolastiche dal 1925 e serve più di 500 scuole indipendenti e statali a livello nazionale, tra cui il college di Eton, la scuola femminile di St Paul, la scuola di coro della Cattedrale di Westminster, la scuola militare reale del Duca di York e la scuola del Royal Ballet.

L’azienda ha dichiarato di aver fatto questa scelta per rispondere alle preoccupazioni delle scuole sulle possibili discriminazioni di genere. «Ho tutta la simpatia per il passaggio a un'uniforme scolastica neutra dal punto di vista del genere e siamo in procinto di rimuovere tutti i riferimenti, diretti e indiretti, a ragazzi e ragazze nelle linee che vendiamo», ha dichiarato l’amministratore delegato Mark Stevenson al The Guardian. «Quando le scuole ci chiamano per discutere della questione, la mia prima domanda è se le loro uniformi sono neutre rispetto al genere; stiamo vendendo solo uniformi dettate dalle scuole stesse e, a volte, si scopre che la loro guida è ancora specifica per genere». Stevenson è anche dirigente della Schoolwear Association, associazione dei produttori di divise scolastiche che raggruppa 200 imprese inglesi. «Siamo tutti molto consapevoli del problema d non discriminare gli allievi in base al loro genere sessuale e stiamo cercando di essere più bravi nel risolverlo», ha detto. Non è un caso che molti produttori della stessa Associazione proseguano nelle offerte di specifiche uniformi per ragazze e ragazzi.

Alla decisione di Stevenson e dell’Associazione si oppongono altri giganti del settore, ad esempio John Lewis e M&S che continuano a commercializzare le loro linee specificamente per ragazzi e ragazze. Ad oggi, nella competizione politica del prossimo 12 dicembre, il solo partito Liberal Democratico ha introdotto nel suo Programma lo specifico proposito di «ordinare a tutte le scuole del Regno Unito l’uso di uniformi neutre», proposta già anticipata dalla deputata Layla Moran, che ha definito la differenza delle uniformi scolastiche (maschi/femmine) «totalmente obsoleta».

Già lo scorso anno, il Galles aveva deciso riflettere su nuove politiche scolastiche per le uniformi neutre, allora la decisione era stata promossa anche con l’accordo dei genitori che, dopo un'ondata di caldo nel periodo estivo, avevano richiesto regolamenti meno rigidi sulle divise scolastiche. Finché, nel luglio 2019, il Governo del Galles aveva deciso che  tutte le uniformi scolastiche in tutto il Galles avrebbero dovuto diventare «di genere neutro» , emanando una serie di nuove linee guida per gli organi direttivi e per i presidi su questioni relative alla politica dell'uniforme scolastica, entrata  in vigore il 1° settembre 2019.

Stessa scelta dettata dalla Contea di Wicklow in Irlanda, dove in tutte le scuole primarie sono vietati i corredi specifici per maschi e femmine e consentiti solo quelli “neutri” dal 1° Settembre di quest’anno. Sin da settembre scorso, però, le proteste dei genitori per scelte politiche compiute da diverse scuole, relative alla neutralità di genere imposta agli alunni, si sono diffuse a macchia d’olio in tutto il Regno Unito. La più simbolica e ferma protesta si è svolta nel Sussex, alla Priory School di Lewes. In particolare, in una sorta di #MeToo scolastico, le studentesse sono scese in piazza e fuori da alcune scuole hanno protestato per le nuove politiche uniformanti che impediscono loro di essere donne, mostrando cartelli in cui si chiedeva a gran voce di permetter loro di «essere ragazze e ai ragazzi di essere ragazzi».

La battaglia per “educare alla fluidità di genere” ed eradicare la consapevolezza maschile e femminile ha avuto inizio sin dal 2016, quando il Governo di allora finanziò la lobby transgender “Educate & Celebrate” con 200.000 sterline per promuovere la formazione del personale scolastico e convincere le scuole ad adottare il gender neutral nelle proprie politiche. Elly Barnes, responsabile del progetto affermava allora che 40 scuole primarie e 40 secondarie avevano adottato l’iniziativa e promosso divise scolastiche neutre.

Allora come oggi, tra i gruppi più attivi contro questo vero e proprio Progetto di riprogrammazzione della identità umana si è schierata l’organizzazione cristiana Christian Concern e il suo Presidente Andrea Williams che continua a denunciare: «I bambini all'età di cinque anni devono essere rassicurati e sostenuti anche quando esistono sentimenti di confusione riguardo al loro genere. La soluzione non è incoraggiare la loro confusione, ma affermare la loro identità che è data da Dio. Queste politiche serviranno solo a porre domande e dubbi inutili agli alunni che altrimenti non avrebbero mai provato tali sentimenti».

Una profezia che purtroppo si sta avverando, visto il moltiplicarsi di casi clinici e richieste di trasformazione di genere di cui abbiamo ampliamente parlato su queste righe. Rimane un fatto, oggi ancor più chiaro e solidamente provato da indagini e denunce emerse negli ultimi mesi, ribadito recentemente dall’ex direttore generale della Clinica Tavistock&Portman (unica riconosciuta per l’identità di genere nel Regno Unito): non c’è nulla di cui essere fieri o felici, c’è invece da preoccuparsi seriamente «per i trattamenti clinici sperimentali che continuano ad essere compiuti su bambini vulnerabili».

 

di Luca Volontè

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