25/02/2019

Non legalizzate la prostituzione: un coro di NO. Ecco chi è contro

Siamo vicini alla riapertura delle case chiuse? Probabilmente ancora no, ma un passo in quella direzione è stato compiuto in Veneto, dove in Consiglio Regionale è arrivata una proposta di legge per l’istituzione di appositi albi per le “lucciole” in ogni Comune. Primo firmatario dell’iniziativa è il consigliere Antonio Guadagnini (Siamo Veneto).

La proposta di legge veneta, composta di 15 articoli, abrogherebbe i primi due articoli della legge Merlin, vietando l’esercizio della prostituzione in pubblico (con multe da 1.000 a 10.000 euro) e consentendola in privato, anche in “forme associate”, purché non siano turbati «la quiete, la sicurezza, e l’ordine pubblico». Sono inoltre inasprite le sanzioni per chi compie atti sessuali con un minore a pagamento e per il reato di associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione. Per chi esercita la prostituzione è previsto l’obbligo del pagamento degli oneri per sanità, previdenza e fisco, per il mantenimento della riservatezza sull’identità dei clienti, e per gli accertamenti sanitari ogni sei mesi che chi si prostituisce dovrà esibire, a richiesta dell’autorità sanitaria o delle forze dell’ordine, l’ultima certificazione sanitaria ottenuta.

Tra gli argomenti a sostegno della sua proposta, il consigliere Guadagnini menziona il dilagare dello sfruttamento della prostituzione, in particolare delle minorenni, che riduce in schiavitù migliaia di donne, oltre a una sentenza della Corte di Cassazione che definisce la prostituta una «libera professionista con il diritto di ricevere giusto compenso» e con l’obbligo di «emettere fattura con partita Iva». Sempre la Cassazione, con un’altra sentenza ha dichiarato l’obbligo di tassazione della prostituzione tra adulti in quanto «attività lecita», ricorda il consigliere.

Numerose le voci di dissenso al progetto di legge veneto, nel mondo associativo, in particolare a sfondo cattolico. Secondo don Davide Schiavon, direttore della Caritas di Treviso, da trent’anni impegnato contro la tratta delle donne, si rischia di tornare ai “tempi bui”.

Contraria anche la Comunità Papa Giovanni XXIII, che, tramite il suo presidente Giovanni Paolo Ramonda, ha auspicato che la Regione adotti, piuttosto, «le misure necessarie per liberare le migliaia di donne, tutte provenienti da Paesi poverissimi, che in Veneto ogni notte sono costrette a soddisfare le turpi richieste dei clienti italiani». Più che legalizzare il fenomeno, aggiunge Ramonda, sarebbe necessario contrastare la domanda, con la prevenzione educativa e con le sanzioni ai clienti.

Il fatto che la prostituzione sia una pratica “vecchia quanto il mondo” non implica che debba essere «accettata e normata»: ad affermarlo è Massimo Gandolfini, presidente del Comitato Difendiamo i Nostri Figli. Se per contrastare il male, bastasse «normalizzarlo» si favorirebbero molte altre «nefandezze», aggiunge il leader del Family Day. «Anche la violenza o il furto sono vecchi quanto l’uomo, ma non per questo si possono accettare o legalizzare», argomenta Gandolfini, stigmatizzando la prostituzione come «violenza sul corpo» delle donne e «furto del senso stesso della vita dignitosa». Misure più idonee per il contrasto di queste «ignobili prassi», potrebbero essere, secondo Gandolfini, «azioni più decise di prevenzione» e una «condanna, sul piano culturale e sul piano della repressione penale».

Luca Marcolivio

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