16/10/2019

Nazioni Unite: l’ideologia gender assorbita nel diritto internazionale

L’Assemblea Generale dell’ONU, in un nuovo trattato, potrebbe eliminare la definizione di genere come “maschio e femmina”, attualmente vigente nel diritto internazionale, e approvare una definizione di genere come «socialmente costruito». La nuova definizione aprirebbe le porte a oltre un centinaio di generi, legalmente vincolanti.

La Commissione di diritto internazionale ha chiesto all’Assemblea Generale di rimuovere la definizione giuridica di genere intesa come «i due sessi, maschio e femmina, nel contesto della società». Tale definizione, ora contestata, fu decisa dallo Statuto di Roma che, nel 1998, instituì la Corte Penale Internazionale, ed esclude qualunque «significato diverso da quanto sopra [menzionato, ndr]».

La Commissione, di orientamento progressista, ha proposto la modifica di un nuovo trattato sulla persecuzione dei crimini contro l’umanità, che sarà esaminato dagli esperti legali dell’Assemblea Generale alla fine di questo mese.

Nel formulare la raccomandazione, la Commissione cita «diversi sviluppi nel diritto internazionale dei diritti umani e nel diritto penale internazionale». A titolo di prova, la Commissione ha elencato le opinioni non vincolanti degli organismi per i diritti umani e di altre entità di diritto internazionale che promuovono il genere come costrutto sociale, comprese le nozioni di «orientamento sessuale» e di «identità di genere».

La Commissione cita, ad esempio, l’Esperto Indipendente delle Nazioni Unite sulla protezione contro la violenza e la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere, il quale ha scritto che il genere è «l’esperienza intima e individuale profondamente sentita da parte di ogni persona, che può corrispondere o meno al sesso assegnato alla nascita».

Il rapporto cita anche il procuratore della Corte Penale Internazionale, secondo il quale il genere non è una realtà biologica ma una «costruzione sociale», correlata ai «ruoli, comportamenti, attività e attributi di accompagnamento assegnati a donne e uomini, ragazze e ragazzi».

L’effetto legale di scardinare la definizione di genere dello Statuto di Roma sarà quello di consacrare il genere come un costrutto sociale nel diritto internazionale. Non si tratterebbe semplicemente, come alcuni potrebbero credere, di lasciare che ogni legislazione nazionale di ciascun paese definisca liberamente il proprio concetto di genere. Nulla di tutto ciò. A causa dell’elaborata logica della relazione della Commissione, l’abbandono della precedente definizione avrà l’effetto giuridico di definire il genere nel diritto internazionale in senso lato.

È probabile che la richiesta susciterà un acceso dibattito all’interno dell’Assemblea Generale. Negli ultimi due anni, la Commissione ha dichiarato all’Assemblea generale che, in questo nuovo trattato, non avrebbe cambiato nessuna delle definizioni dello Statuto di Roma. È poi tornata sui suoi passi, a causa delle forti pressioni esercitate dai gruppi LGBT.

Inoltre, la Commissione trascura completamente il fatto che la maggioranza dei paesi non considera il genere come un costrutto sociale. In effetti, gli enti e gli organi delle Nazioni Unite citati dalla Commissione vanno oltre le legislazioni della maggior parte dei paesi.

Secondo il gruppo pro-LGBT Amnesty International, ad oggi, solo sette paesi consentono il cambio di genere in base alla mera autoidentificazione.

Anche nell’altra quarantina di paesi in cui i cittadini sono autorizzati ad assumere legalmente un’identità diversa dal loro sesso biologico, gli ordinamenti pongono restrizioni a chi può farlo e in quali circostanze.

Nella maggior parte dei paesi, il cambiamento di identità è consentito solo dopo una determinazione psichiatrica della disforia di genere o un’operazione chirurgica per mutare la fisionomia sessuale di un individuo. Inoltre, alcuni paesi impongono alle persone di divorziare dai propri coniugi e non consentono alle persone con figli di cambiare sesso.

Il sesto comitato dell’Assemblea generale si è impegnato a rivedere il rapporto della Commissione di diritto internazionale, in cui il nuovo trattato è contenuto, tra il 28 ottobre e il 6 novembre.

 

di Stefano Gennarini

Traduzione a cura di Luca Marcolivio

Articolo originale: QUI

 

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