24/06/2015

Matrimonio gay: a certi errori non c’è rimedio

Nel dibattito sulla legalizzazione o meno del matrimonio gay, non è marginale riflettere sul fatto che, una volta fatta, sarà impossibile tornare indietro, quand’anche ci accorgessimo di aver arrecato un danno concreto ai bambini in esso coinvolti.

Tutta la logica, perversa s’intende, della gender invasion si fonda su alcuni principi di base:

– l’avanzata subdola per piccoli passi, testando ogni volta la reazione dell’opinione pubblica prima di proporre un nuovo passo in avanti verso il degrado antropologico (secondo il principio della rana bollita, come Noam Chomsky ha ben spiegato),

la negazione pervicace dell’evidenza, fino a sconfinare nella psicosi,

l’utilizzo di un linguaggio ambiguo e fumoso ma ad alto impatto emotivo, la leva sui sentimenti di giustizia e pietà della popolazione (costantemente indirizzati e guidati dove si vuole, non dove effettivamente andrebbero riversati),

– il bisogno inconscio di giustificare il male per sentirsi giustificati del proprio e, non da ultimo, il mettere tutta la società di fronte a degli stati di fatto dai quali è poi molto complicato trovare facili vie d’uscita.

Penso al ddl Cirinnà sulle unioni civili, che di fatto le equipara al matrimonio e apre la strada alle adozioni da parte di persone dello stesso sesso. Si tratta evidentemente di uno stravolgimento antropologico senza precedenti, fondato su un’ideologia profondamente anti umana, la cui gravità è per lo più taciuta sotto la costante minaccia dell’accusa di omofobia per chi osa protestare e mettere in evidenza la contraddizione logica (è assurdo pretendere trattare realtà diverse come se fossero uguali) e l’ingiustizia sotto il profilo etico (nella pretesa di rendere dei bambini volontariamente orfani di madre o di padre, solo per accontentare il desiderio di alcuni adulti facoltosi). Bludental

A questa pretesa inaudita e inammissibile si aggiunge però, in prospettiva, l’impossibilità di fare marcia indietro. Ogni legge, in quanto tale, prevede la possibilità di una correzione, di una revisione, anche radicale, fino all’abrogazione o all’annullamento. L’abrogazione è l’istituto giuridico mediante il quale il legislatore determina la cessazione ex nunc (non retroattiva) dell’efficacia di una norma giuridica. L’annullamento priva invece retroattivamente di efficacia una norma. Ma una legge di questo tipo si presenta come difficilmente soggetta all’abrogazione o all’annullamento. Posto che si riconosca prima o poi l’ingiustizia di una norma come quella che in Parlamento si accingono a votare, come si potrà fare marcia indietro? Ammesso che si prenda coscienza del danno inflitto al minore, come si potrà riparare? Togliendo il bambino alla coppia e sottoponendolo ad un ulteriore trauma? Lasciandolo lì dov’è nonostante si sia acclarato che si tratta di un’ingiustizia che lo pone in una situazione dannosa, che lede i diritti del bambino (art. 7 della Dichiarazione universale dei diritti del bambino), oltre la sua dignità?

Tutto è quindi progettato per metterci di fronte ad uno stato di fatto da quale non si potrà uscire, se non ad un prezzo altissimo. E, come sempre, saranno i bambini a pagarlo. In ogni caso. Pensiamoci: come si potrà tornare indietro?

Alessandro Benigni

Fonte: Libertà e Persona

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