29/06/2021 di Manuela Antonacci

L’ipocrisia Lgbt mette in fuorigioco la Serie A

Da un po’ di tempo a questa parte, neanche i mesi dell’anno possono stare tranquilli: come ormai sappiamo, la comunità arcobaleno ha deciso di nominare giugno “Pride Month, mese dedicato all’orgoglio delle persone LGBTQIA. In questa occasione, ogni anno, tantissime aziende si sono tinte dei colori dell'arcobaleno. Anche il mondo del calcio, da un po’ di tempo, dal Barcellona alla Juve, fino alla Uefa, si è inginocchiato a celebrare il simbolo LGBT, tingendone i propri loghi, anche per protesta verso la decisione della Uefa stessa, di negare il permesso all'Allianz Arena di Monaco, di illuminarsi con i colori dell'arcobaleno in occasione della partita degli europei 2020 tra Germania e Ungheria.

Ma c’è di più, perché, ultimamente, anche la Lega Serie A ha deciso di adottare i colori arcobaleno, nel proprio logo ma… “a metà”. E già perché pur volendo ostentare di aderire alle “battaglie” degli LGBT, ha avuto il coraggio di farlo solo sulle pagine Twitter in inglese e in spagnolo, oltre che in italiano, ma ha evitato accuratamente di farlo sul profilo in arabo e questo perché, nei paesi arabi, l’omosessualità è un reato.

Insomma, una presa di posizione a metà che, forse, per evitare figuracce o quantomeno che apparisse inefficace, probabilmente andava totalmente evitata.

Invece, così è emerso in modo lapalissiano quanto l’adesione a certe “battaglie” abbia nella “convenienza” la propria radice e quanto, se non ci fosse una vera e propria operazione di immagine e di marketing, certe iniziative non prenderebbero nemmeno piede. Tant’è che gli utenti dei social si sono scatenati con commenti denigratori su tale presa di posizione.

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